Avezzano. “Hanno sbagliato tutto. Nella gestione sanitaria ci sono degli errori gravi. Hanno perso il tracciamento delle persone contagiate. L’ospedale di Avezzano è uno dei più pericolosi d’Abruzzo e il progetto per il nuovo è ancora nel cassetto. Il personale è carente, così come i servizi offerti. Il pronto soccorso è in gravissima difficoltà”. Lo ha affermato ieri il sindaco di Avezzano, Giovanni Di Pangrazio, in occasione della presentazione della nuova Giunta comunale. Parole chiare, precise e inequivocabili.
Doveva essere un’occasione per far conoscere alla città parte della nuova assise, quella cui sono demandati i compiti più delicati, ma sono bastate le prime domande della stampa affinché la conferenza mutasse volto per trasformarsi in un atto d’accusa verso la Regione, rea di non aver predisposto una rete sanitaria efficace e strutturata nella Marsica, nonostante le numerose promesse elargite sotto campagna elettorale e nonostante il fatto che lo spettro di una seconda ondata apparisse più come una certezza che non come una probabilità.
L’emergenza vissuta tra febbraio e giugno aveva messo in luce le numerose fragilità del sistema sanitario marsicano, perennemente appeso a un filo. Strutture ormai vecchie e scarsamente predisposte per fronteggiare un simile scenario di emergenza, personale carente, poco attrezzato o male equipaggiato, medici, infermieri, oss, operatori vari, dirigenti, addetti alle pulizie, impiegati, ognuno di loro ha gettato il cuore oltre l’ostacolo per sopperire alle criticità presenti. Che erano enormi prima e sono enormi ora. Vale la pena anche ricordare le tante, tantissime donazioni dei cittadini, testimonianza di riconoscenza, legame, senso di appartenenza, solidarietà e, soprattutto, unità. Tutti ci siamo stretti attorno al personale medico sanitario e ai pazienti ricoverati. Un grande senso di comunità.
Ma se nella prima ondata la Marsica è stata risparmiata dai grandi numeri visti sulla costa, in questa in seconda il trend si è invece invertito. Nella provincia aquilana si registra il maggior numero di casi presenti in Abruzzo. Non sembra diminuire, così come non sembra rallentare. E ci si interroga costantemente sul domani, sul come fronteggiare uno scenario che giorno dopo giorno desta sempre più preoccupazione. Le ombre, però, non riguardano solo il futuro ma anche il presente e la situazione evolve troppo rapidamente per riuscire a starvi dietro con puntualità.
Sono 47 i casi registrati oggi (quindi inerenti ai controlli delle scorse 48h) riferibili principalmente ad Avezzano e Celano, i Comuni più colpiti. Nel capoluogo marsicano sono 24 i nuovi contagiati e più di 300 le persone in sorveglianza attiva da parte della Asl. Gli attualmente positivi in città ammontano a 220. A Celano sono stati 9 quelli segnalati dalla Regione e altri 3 dal sindaco. Il totale ammonta a 97 e proseguendo con questi numeri il rischio di una zona rossa appare più concreto. Ci sono anche i guariti per fortuna, così come gli asintomatici che non presentano condizioni di salute tali da destare preoccupazioni. La maggior parte di essi sono domiciliati, in sorveglianza attiva.
Aumentano i controlli, frutto di una maggiore disponibilità di tamponi e test sierologici, sia in strutture private che pubbliche. Fondamentale la presenza del drive-through all’interporto di Avezzano che consentirà di elaborare anche 1000 tamponi a settimana, così come la disponibilità del Crua a effettuare lo stesso test. Alternativa era andare all’Aquila, a Dante Labs, che per far fronte alla straordinaria mole di lavoro, ha dovuto prendere contromisure drastiche. Non riesce più a gestire il flusso di persone che quotidianamente vi si recano.
Insomma, ci si sta attrezzando, seppur con notevole ritardo. Perché, senza troppi giri di parole, ci siamo fatti trovare impreparati. Avezzano esce da una fase commissariale e il nuovo sindaco si è da poco insediato. E qui sorge il dubbio: nei mesi addietro, è stato fatto tutto il necessario per scongiurare di trovarsi in una situazione critica come quella attuale?
Riprendiamo le parole di Berardino Orlandi, neurologo all’ospedale di Avezzano, pronunciate nel corso di una conferenza stampa lo scorso 14 settembre (qui l’articolo completo): “La sanità marsicana è al collasso, non siamo pronti a gestire eventuale seconda ondata“. Inequivocabili, specialmente se pronunciate da un medico che la realtà del nosocomio marsicano la conosce molto bene.
“Prevenzione, diagnosi e cura si reggono su assistenza ospedaliera e locale. Questo va affrontato e potenziato, laddove necessario. Con la pandemia le nostre strutture sono state particolarmente stressate, mettendo in luce carenze strutturali rilevanti e emergenziali, come il 118. C’è stata pochissima gestione, con pochissime risorse a disposizione, sia di personale che di dpi. La Regione Abruzzo però non si è preoccupata di capire se l’ospedale di Avezzano fosse in grado di affrontare le direttive date, e questo ci ha obbligato a lavorare in una condizione di estrema difficoltà. Non di rado vi sono stati pazienti ammassati in pronto soccorso”. Un quadro conosciuto e più volte sottolineato.
Prevenzione, dunque. E’ stata fatta nel modo giusto? A giudicare da ciò che in questi giorni si sta vedendo, qualche dubbio sorge. Se poi, a confermarli è anche il primo cittadino di Avezzano, che per oggi ha in programma un incontro con i sindaci di Pescina e Tagliacozzo per valutare una strategia congiunta da mettere in campo, allora è lecito porsi queste domande. Ed è altrettanto lecito porle.
Gli altri due ospedali marsicani presentano le stesse criticità di quello del capoluogo marsicano. Le battaglie intraprese da Vincenzo Giovagnorio e Stefano Iulianella (a Pescina l’eredità è passata al nuovo sindaco Mirko Zauri) nei mesi scorsi sono qui a palesare, una volta di più, i problemi atavici della nostra sanità, messi a dura prova a da una pandemia che presenta dei numeri di contagio ben più che considerevoli.
Nei prossimi giorni si attendono nuove misure da parte del Governo centrale per fronteggiare una crisi sanitaria che, a un mese dalla riapertura della scuole, rischia di mettere in ginocchio un Paese già gravato da mille difficoltà. Intervenire ora per scongiurare misure drastiche, da “lacrime e sangue”, non è più un’utopia. Vedremo cosa accadrà.