Avezzano. Ventisettesimo appuntamento con Psicotime, la rubrica in collaborazione con la psicologa Giulia D’Ascanio. In via generale, una relazione è definita tossica quando ci rende infelici e nonostante questo non riusciamo a interromperla. In questo articolo mi soffermerò su quali siano gli autoinganni che la sua mente potrebbe mettere in atto per procrastinare la chiusura della relazione tossica, sperando possa essere uno spunto di riflessione.
Vediamo insieme quali sono le trappole mentali più comuni e che alimentano il circolo vizioso del “sto male, ma non riesco ad uscirne”:
- “All’inizio non era così”: generalmente, appena nasce una storia d’amore, sembra essere tutto perfetto: lui sembra soddisfare appieno i bisogni di lei, e lei non sembra affatto la tipica donna gelosa o pretenziosa (per fare degli esempi); tutto a un tratto la situazione cambia: lui non è più premuroso come prima, non asseconda più le necessità emotive della partner e lei diventa iper-pretenziosa, pesante e cinica. Qui potrebbe scattare la prima trappola: si resta insieme, peraltro senza affrontare il problema, nel tentativo che tutto torni come prima.
- “Non ce la faccio più ma…”: l’insofferenza è una delle sensazioni più comuni per chi sta vivendo una relazione tossica. La tensione costante, la paura che da un momento all’altro, senza un motivo preciso, l’altra persona smetta di parlare o si arrabbi sono campanelli di allarme sul fatto che c’è qualcosa che non va nella relazione che stai vivendo. Qui scatta la seconda trappola del “non ce la faccio più ma devo resistere”. In questa fase la persona perde completamente di vista i propri bisogni e si concentra esclusivamente sull’altro e su come fare per non far sì che si arrabbi, ridurre al minimo le situazioni di scontro, i motivi di litigio ecc. In questi momenti le persone accettano troppo con l’obiettivo di ridurre la tensione. In realtà ciò che accade è che l’altro impara che può fare ciò che vuole, tanto non ci sono conseguenze sulla relazione per i suoi comportamenti.
- Paura dell’abbandono: chi si trova invischiato/a in una relazione tossica, spesso accetta cose che difficilmente possono essere considerate accettabili. Ad esempio, si accetta di non vedere i propri amici o la propria famiglia se il partner non vuole, non ci si veste in un certo modo perché l’altro è geloso, si compiono delle scelte di vita solo perché era l’altro a volerlo. Questo perché avviene? Spesso c’è dietro la paura della perdita: vediamo il nostro carnefice come un “ponte” indispensabile per affrontare le nostre giornate. Questa è la terza trappola: ritenere che senza quella persona, la nostra vita non potrà che peggiorare o che senza di lui non potremmo farcela.
- Paura del fallimento: molto spesso questa paura si nasconde dietro frasi del tipo “sono ben dieci anni che stiamo insieme, non posso buttare tutto all’aria”. Lasciare la persona che genera sofferenza, potrebbe essere percepito come conferma di “aver buttato all’aria anni della propria vita”; questa consapevolezza genera ancora più dolore perché in un certo senso si può pensare di aver fallito. Questa è la quarta trappola: continuare la relazione per non sentirsi fallimentari.
- Il senso di colpa: l’emozione di colpa è spesso presente in una relazione tossica, specie quando percepiamo l’altra persona come vulnerabile. Spesso mi è capitato di sentire frasi come: “poveretto, mi fa stare male ma ha solo me” oppure: “con la vita che ha avuto ci credo che sia aggressivo, ma non posso abbandonarlo”. Parlo al maschile perché spesso questo meccanismo riguarda per lo più donne verso uomini. Ci si sente cattive a lasciare una persona che ci fa soffrire ma che in qualche modo si considera sofferente. Così per preservare l’immagine di noi come buone, si è disposte ad accettare più dell’inaccettabile se commesso da una persona che ha sofferto. Questa è una trappola pericolosissima perché è quella che porta a giustificare comportamenti che sono fonte di dolore e sofferenza non solo verbale e psicologica, ma a volte anche fisica.
Uscire da una relazione tossica non è mai semplice, spesso ci vogliono degli anni prima di riprendere in mano la propria vita, tornando a salvaguardare il proprio benessere.
Provate a farvi queste domande sperando che siano ulteriori spunti di riflessione: quali sono le emozioni che sperimento nella relazione? Sono per lo più positive o negative? Da quanto va avanti questa situazione? Se va avanti da molto tempo, quanto riteniamo possibile (non probabile…possibile) che migliori? Come potrebbe essere la mia vita senza questa persona? Quali alternative potrei considerare? Se questa persona da un giorno all’altro sparisse, cosa farei per organizzare la mia vita? pensare in modo alternativo è importante.
Giulia D’Ascanio, psicologa clinica