Avezzano. “Questi anni saranno ricordati come gli anni della paura. Paura di chi è diverso da noi, di chi non conosciamo e che pensiamo possa minacciare la nostra serenità. Eppure, non ci sono mai stati così pochi omicidi in Italia come oggi e l’Europa, tanto discussa da alcune forze politiche, sta garantendo la pace nei nostri paesi, dal secondo dopoguerra in poi”. A pronunciare queste parole è Augusto Bisegna, voce di Fim e Cisl. “Per questo ho letto con stupore, ma dovrei dire con dispiacere visto che non c’è molto di cui stupirsi, i rabbiosi commenti palesemente razzisti e xenofobi, spesso sgrammaticati, per lo più inneggianti ad una fantasiosa salvezza della “Patria” dall’invasione straniera, all’articolo da voi pubblicato il 15 di gennaio sulla festa dei Migranti e Rifugiati, tenutasi nelle strutture diocesane di Avezzano, Pescara e Teramo dedicate all’accoglienza, in occasione della 104a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato”.
Prosegue affermando che: “La popolazione straniera regolare residente in Abruzzo è appena il 6,5% dell’intera popolazione regionale, che conta circa 1 milione e 300 mila abitanti. Tra questi cittadini stranieri, per lo più stanziati sulla costa, prevalgono quelli di religione cristiana (58,8%, di cui cattolici 15,6%) mentre i musulmani sono il 31,2%. Quindi parlare di invasione e di islamizzazione della Marsica non ha alcun senso .Certo, la paura non aiuta a essere oggettivi, il che spiega come mai l’emotività personale impedisca di valutare il reale peso del fenomeno, che invece va governato e gestito. La maggior parte dei Marsicani – sono convinto – non la pensa come gli haters (odiatori) sociali da tastiera, che scaricano la loro paura e rabbia sui commenti nei social. Va detto che il dibattito pubblico, specie per come si è sviluppato nella prima fase di questa campagna elettorale, non aiuta rasserenare gli animi. Un esempio in proposito, fra i tanti, è la recente uscita razzista del candidato del centrodestra alle elezioni regionali in Lombardia Attilio Fontana”.
“La paura è il cemento più forte di quest’epoca, perché tiene insieme tutte le insicurezze; “costruire la pace”, invece, è tutta un’altra cosa: presuppone la consapevolezza della presenza degli altri, la capacità di mettersi in discussione a partire dai propri limiti, l’attitudine ad aprirsi al diverso da noi, che proprio in virtù della sua diversità sarà capace di renderci più ricchi e migliori. Serve un’umanità che non consideri banale “buonismo” l’esercizio dei doveri di civiltà, come è proposto nel messaggio di Papa Francesco per la giornata dei Migrati e Rifugiati: “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. La nostra gente dell’Abruzzo e della Marsica è altra cosa rispetto ai “cori razzisti da social”. Siamo stati anche noi migranti: penso ai minatori di Capistrello, di cui recentemente Gianluca Salustri in “Pane e Polvere” ha raccontato le storie di lavoro e sacrifici. Siamo il popolo “forte e gentile” di Primo Levi, popolo rude ma accogliente e ospitale”.
“Questo però non significa che non ci siano dei problemi. Il fenomeno dell’immigrazione per la nostra terra è inedito e porta indubbiamente con sé il seme della paura. Ma la paura si combatte solo attraverso l’integrazione. Tuttavia l’integrazione è un percorso lungo, che dovremo prima a poi inserire con evidenza nell’agenda della discussione politica, cosa che finora non è successa. Si tratta di un lavoro che deve coinvolgere tutti gli attori sociali del territorio e trovare il suo fondamento all’interno di un piano culturale e formativo, che interpelli soprattutto i nostri giovani dentro la dimensione delle trasformazioni sociali che immigrazione e digitalizzazione del lavoro stanno producendo. Ci sono poi i problemi legati allo sfruttamento dell’ immigrazione irregolare, legati strettamente alla piaga del lavoro nero e del caporalato nella Piana del Fucino. A ciò si somma il traffico di droga e lo sfruttamento della prostituzione. Sono problemi che reclamano in primo luogo una seria presa di coscienza da parte della politica, cui dovrebbe seguire un impegno di supporto da parte delle forze dell’ordine presenti sul territorio, che dovrebbero essere dotate di date maggiori risorse organizzative e investigative”.
Conclude: “Non è una missione impossibile, tutt’altro, specie se i cambiamenti vengono “accompagnati” in una cornice di sviluppo economico. Il lavoro, come ho letto in alcuni commenti, non può rappresentare il terreno di scontro tra “poveri”. La Marsica e tutta la provincia aquilana stentano a riprendersi dagli effetti della crisi economica e finanziaria, a cui si sono sommati gli effetti del terremoto e il retaggio storico-culturale ereditato da una politica assistenzialistica. È fondamentale la creazione di condizioni per lo sviluppo del lavoro attraverso una cultura imprenditoriale, legata al territorio, che rifugga dall’assistenzialismo e punti sulla sostenibilità e l’innovatività. La rivoluzione che avanza con il nome di “Industria4.0”, e in generale l’ingresso massiccio del digitale nel mondo del lavoro – aspetti fondamentali che restano purtroppo completamente assenti dal dibattito nella nostra regione – può rappresentare anche per l’Abruzzo una via di rilancio non solo per la manifattura, ma anche per l’agricoltura, il turismo e per le piccole e medie imprese artigiane delle aree interne. Non dimentichiamo che il lavoro rappresenta il terreno d’incontro privilegiato sul quale ritrovare la dimensione sociale dello stare insieme anche tra diversi”.