Villavallelonga. Si profila uno scempio ancora più grande nel cuore del parco d’Abruzzo, l’associazione divulga i documenti. Il Consiglio direttivo faccia uscire l’ente dal “cul-de-sac”: si ritiri il nulla osta per la strada e si ripristini tutto lo sterrato ora asfaltato e non solo il tratto finale Guardando l’obbrobrio perpetrato nel cuore del parco d’Abruzzo con l’asfaltatura di chilometri di sterrato a Villavallelonga, con il parziale avallo dell’Ente Parco, in molti si sono chiesti: perché autorizzare un
intervento per una strada che deve rimanere chiusa e non collega il paese a case o alberghi? La Stazione Ornitologica ha trovato i documenti per dare una risposta: la costruzione di nuovi impianti di risalita. Quello della strada si profila, dunque, come il necessario presupposto per uno scempio ancora più grande, l’assalto al versante nord dell’Aceretta con nuovi impianti di risalita da Villavallelonga. Le associazioni ambientaliste a gennaio 2016 avevano incalzato l’Ente Parco che in quel momento aveva
autorizzato tutto l’intervento rilasciando il proprio nulla osta per l’asfalto fino alla Fontana dell’Aceretta. Le associazioni, avendo raccolto voci in tal senso, prospettavano proprio il fatto che la strada potesse servire a torme di sciatori, violando un vero e proprio paradiso naturalistico. Il Direttore del Parco Dario Febbo, in una lettera di risposta inviata anche al Ministero dell’Ambiente, aveva recisamente smentito sostenendo, senza mostrare carte e specificare molto, che vi erano impedimenti di tipo legale collegati sia alla pianificazione regionale che alle norme della Zona di Protezione Speciale (ZPS). Stiamo parlando della
stessa lettera dove Febbo dichiarava testualmente che la strada era già asfaltata, quando ci sono caterve
di immagini che dicono il contrario. Successivamente, a giugno 2016, il Parco aveva inserito, in parziale difformità con il Nulla Osta già rilasciato, delle prescrizioni più restrittive chiedendo lo stralcio dell’ultimo tratto e imponendo la chiusura
della strada alla base. Tutto ciò non serviva ad evitare lo scempio, considerato anche il tardivo e sempre parziale intervento dell’ente parco a lavori ormai conclusi. Specifichiamo ancora una volta che l’Ente Parco ha comunque autorizzato l’asfaltatura ex novo di 1,5 km di sterrato, presentato come “ripristino” dal Comune. Ricordiamo inoltre che la SOA inviò la prima segnalazione il 10 luglio con i primi lavori in corso mentre il Parco ha sequestrato un pezzettino di strada solo sabato 23 luglio. Tutto ciò fa diventare ancora più evidente il controsenso di spendere mezzo milione di euro di fondi pubblici per una strada da tenere
chiusa! Ora la Stazione Ornitologica Abruzzese è in grado di smontare pezzo per pezzo la tesi rassicurante del Direttore del Parco Febbo circa il futuro dell’area. Nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche del Comune di Villavallelonga
(http://www.comune.villavallelonga.aq.it/node/554) è prevista la costruzione di un impianto di arroccamento del costo di 2 milioni di euro. Solo fantasie di un piccolo comune per quanto inserite in documenti ufficiali di programmazione economica? Tutto incoerente con la pianificazione regionale? Siamo andati a verificare cosa dice il Piano Paesistico della Regione Abruzzo, redatto negli anni ’80 del secolo scorso ma ancora vigente e, udite udite, una larga porzione del versante montano di Villavallelonga che domina i Prati d’Angro ricade all’interno del perimetro del bacino sciistico in cui vi sono gli impianti di risalita di Pescasseroli. L’immagine che alleghiamo mostra l’area a cavallo tra i due comuni. Le norme prevedono che i divieti insormontabili della Zona di Protezione Speciale per nuovi impianti di risalita citati dal Direttore non si applicano se esiste una pianificazione antecedente alla data di entrata in vigore del decreto relativo alla tutela delle ZPS, come in questo caso (il decreto è del 2007). Si passa a
procedure sì complesse ma che rendono potenzialmente autorizzabile l’intervento. Ovviamente noi ci opporremo in ogni sede ad una tale ipotesi. Sottolineiamo inoltre che il piano del Parco d’Abruzzo è solo adottato e non ancora approvato e che, sulla base del Codice dei Beni Culturali, è comunque subordinato al Piano paesistico. È evidente che trovarsi ora con una strada asfaltata in un’area che ha una condizione piuttosto precaria dal punto di vista dei vincoli, seppur per scelte di 40 anni fa, indebolisce la posizioni di chi, almeno teoricamente, dovrebbe salvaguardare il patrimonio ambientale nazionale. Ci chiediamo a questo punto: possibile che il Parco d’Abruzzo non conoscesse questi documenti e le previsioni del Piano paesistico regionale per un’area così delicata? Noi abbiamo impiegato pochi minuti a reperire la documentazione via WEB. Perché ha cercato di rassicurare quando i documenti ufficiali vanno nella direzione esattamente opposta? Questi documenti pongono la vicenda dell’asfaltatura di questa strada in un’ottica non più “tattica” ma “strategica”: si pone un problema dell’uso complessivo di una delle aree più importanti per la biodiversità in Italia. Abbiamo già richiesto un passo indietro di Febbo e questi elementi non fanno che rafforzare la
nostra convinzione. Di certo la condizione precaria in cui versa la popolazione di orso bruno non può essere peggiorata da gravi alterazioni dell’habitat. Domani si capirà dall’esito della riunione del Consiglio Direttivo straordinario se l’Ente Parco saprà trarsi dal “cul de sac” in cui si è infilato e quali sono le reali volontà rispetto al futuro di un sito di importanza estrema. Ad ogni modo, sul terreno resta l’asfalto e la Natura ormai offesa. Auspichiamo che non si vada nella direzione di un danno finale per quell’area.