Avezzano. Qual è la via principale di Avezzano? A questa domanda, in un ampio discorso di architettura e rivisitazione di progetti, ha risposto Giuseppe Pantaleo, per tutti gli amici noto come Peppe, l’ospite speciale dello scorso venerdì nel noto ristorante di Mammaròssa. L’architetto, originario di Avezzano, è molto conosciuto per il suo schivo e cordiale stile di vita, il suo particolare modo di osservare eventi, persone e cose, ma soprattutto per il suo profondo profilo culturale. Venerdì sera, Peppe ha presentato gli originali piani di ricostruzione della città a seguito del terremoto del 1915. Tutt’oggi, il centro appare caotico, privo quasi di uno stile determinato e ordinato, specie con la costruzione dei nuovi quartieri. Teatro, comune, tribunale e numerose altri edifici degni di nota sono collocati nelle parti più disparate della città. Il crollo del centro storico a causa del sisma aveva d’altra parte posto le basi per una nuova e ordinata ricostruzione della città, ma secondo gli studi dell’architetto Pantaleo la realizzazione non sembra aver seguito i progetti originali. A descrivere un dettagliato profilo dell’architetto, sono state le parole del suo amico, il dottor Maurizio Paoloni, primario del reparto di Malattie infettive all’ospedale di Avezzano e molto legato alla città. “Presentare Peppe non è opera semplice”, introduce il medico, “lo incontri nei posti più impensati ed infrequenti, d’improvviso ti accorgi che è al tuo fianco, silenzioso, ovattato, materializzatosi un po’ come lo Stregatto di Alice”, scherza Paoloni, “vedi il suo sorriso ben prima di accorgerti di lui che ti parla e ti comunica le sue sensazioni, emozioni e timori. Peppe”, afferma, “è un grande filosofo e ciò che muove i suoi pensieri è il suo grande amore per l’umanità e per gli esseri viventi, un bisogno di interazione razionale e nello stesso tempo la necessità di comprendere il meccanismo dei comportamenti delle persone. Dopo il suo lavoro a Milano è ritornato qui, nella città dove albergano le sue radici. Questa città cosi mediocre, provinciale, povera di spirito e di spiriti, che aveva avuto almeno due grandi occasioni di rinascita e di crescita: il terremoto e la guerra”, spiega Paoloni, “Peppe l’ha sempre sperata diversa e bella, così come l’ha immaginata e disegnata nella sua tesi di laurea ‘Avezzano ricostruita’, sotto un profilo di nobili ideali, costruzioni, strade, piazze e spazi comuni dove di certo sarebbe cresciuta una generazione di avezzanesi moderna, aperta alla cultura del bello e del futuro. Purtroppo questo non è accaduto, ma Peppe resta un figlio di Avezzano e, di Avezzano, conosce ogni cosa. E’ autore di diversi libri”, conclude, “che non potrei mai essere in grado di raccontare o citare o tanto meno di collocare in una particolare corrente pittorica o artistica, perché lui non ama confrontarsi e davvero non è confrontabile con altri artisti. Io mi accontento della fortuna di averlo conosciuto e sono onorato di essergli amico”. “A seguito del terremoto”, racconta Peppe, “presumo che numerosi rappresentanti istituzionali, architetti ed ingegneri si siano riuniti all’interno degli uffici ministeriali per creare le basi logiche della ricostruzioni di Avezzano, ricostruzione che a un secolo di distanza si allontana radicalmente dai piani logici di allora”. Munito di lavagnetta e pennarello, l’architetto ha schematizzato genericamente il presunto progetto originale: “Se oggi si chiede a molti avezzanesi qual è la via principale, neanche sanno rispondere. C’è chi dice via Corradini, chi via Mazzini, chi via XX settembre. La via principale è il corso che conduce dalla stazione al comune, ossia via Marconi, alla quale è stata aggiunta in seguito Piazza della Libertà”, aggiunge Pantaleo, “il disegno originario infatti prevede la costruzione di due strade a lato di questo corso, ossia via Montello e via Garibaldi. L’idea di via Roma è venuta dopo per congiungersi alla Tiburtina Valeria che conduce verso le altre città della Marsica. Oggi, purtroppo, Avezzano si presenta in modo molto caotico. Strade che si incrociano in tutti i modi, quartieri che cambiano stile da un marciapiede all’altro, edifici d’istituzioni sparsi. Conserviamo il tesoro della Biblioteca di Portoghesi, ad oggi forse, uno dei rari monumenti di valore della città. La periferia in particolar modo è stata fatta crescere senza un modello di riferimento, mentre il centro, be’ sembra una vera e propria passeggiata in un centro commerciale piuttosto che in una piazza di città”.
Una serata particolare e ricca di cultura, quella di venerdì al Mammaròssa. Nel corso dell’evento, l’architetto ha anche presentato i suoi disegni e progetti personali, mentre un’altra fotografia di Peppe è stata esposta da un altro amico, il dottor Massimo Botticchio. Il tutto accompagnato dalla speciale atmosfera del locale e dai gustosi piatti preparati per l’occasione dallo chef. Il raffinato ristorante di Daniela e Franco Franciosi opera nel territorio ormai da alcuni anni e cerca sempre di valorizzare al massimo i prodotti della terra locale, ma anche i personaggi che questo territorio ospita. Oltre ai piatti, sono proprio con queste serate diverse che vengono proposti agli ospiti i particolari interessanti del patrimonio culturale della zona. Raffaele Castiglione Morelli