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Visioni e Forma, un matrimonio d’identità laiche e religiose per la festa del Volto Santo

Raffaele Castiglione Morelli di Raffaele Castiglione Morelli
11 Aprile 2018
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Tagliacozzo. Un’aurea di sacralità con un’influenza pagana. La festa della Municipalità o Festa del Volto Santo, chiamatela come preferite, è sicuramente l’evento di maggior raccolta nella città di Tagliacozzo. Turisti, cittadini, parenti lontani, accorrono per un momento nel quale la solennità ecclesiastica si sposa con il paganesimo, un “patto lateranense” di partecipazione, turismo, religione, “bellezza” e mistero.  Un mistero che quest’anno si è trasformato in un senso di experience artistica con Visione e Forma, la mostra d’arte contemporanea, ospitata nelle Scuderie dell’affascinante Palazzo Ducale, nella tre giorni dell’evento tagliacozzano. Curata da Gianluca Rubeo, la mostra ha raccolto le opere di Gabriele Altobelli e Rodolfo Angelosante, già ospiti nell’appuntamento artistico della scorsa estate in Contemporanea2017.

“L’experience” si sviluppa tra l’odore dell’incenso che divampa nelle sale e spicca in una prorompente composizione fotografica di Angelosante sul volto della Pietà di Michelangelo. Trenta scatti, in fila, in bianco e nero, seppia in un tecnica di tagli, destrutturazione, riunione e collage che trasmettono al pubblico quel senso sacrale e nello stesso tempo “Innocente” del volto di Maria. Rimanendo nel tema delle foto, l’opera di Angelosante, come scrive Gian Ruggero Manzoni nel depliant della mostra, “procede fermando lo scatto su una scena del quotidiano, un paesaggio, un individuo che fluttua in un’atmosfera metafisica, un insieme di persone, per poi scomporre il tutto tramite uno o più tagli e ridare forma all’immagine”. Questa sembra essere la chiave di lettura contemporanea dell’opera dell’artista che risalta ancor di più in Specchi Riflessi, dove la scomposizione e ricomposizione delle foto di un cielo riflessa nello specchio crea un senso di movimento e contatto diretto con l’opera, come un 4D.

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Il tema del sacro torna protagonista nelle sculture di Altobelli, in particolar modo in Risurrezione e Metamorfosi e in Identità. “Un ‘arte che si presenta come un personale viaggio immaginifico, vissuto attraverso lo sviluppo delle forme e la sperimentazione di materiali diversi, utilizzati per raggiungere esiti originali” scrive sempre Manzoni. Nella prima opera, il tronco centrale simboleggia il tronco piantato nella roccia del Golgota, dove è stato sepolto il Cristo. Le sei lame di ferro, color rosso, sono invece l’emblema della passione patita da Gesu nel Calvario, tuttavia il loro protrarsi verso l’alto indica un senso di superamento della sofferenza, un senso di superamento della morte, in teoria, la resurrezione, per cui metamorfosi. Identità, immagine copertina della mostra insieme al volto della Pietà fotografata da Angelosante, rappresenta invece un’unione tra due corpi, che partono da un’uguale origine e perseguono il loro cammino allontanandosi l’uno dall’altro. Forse, Maria e Gesu, un tempo uniti in unico corpo, e poi separati, volendo rimanere in un tema aureo-religioso. Nell’ultima sala, le proiezioni del Ratto di Proserpina, insieme alla sculture di Altobelli e le foto scomposte di Angelosante, scendono dalla sacralità nella mondana umanità morale, legata ad un movimento temporale di cambi di valori e prospettive. Una mostra da interpretare, che sicuramente colpisci i fedeli, ma che lascia spunti di riflessione anche per i non credenti, nascosti tra immagini di bellezza e purezza e tecniche personali.

Tutto nello sfondo della festa “ella benedizione”, in puri termini di dialetto. Una festa che a Tagliacozzo origina dall’arte, a dirla tutta. Un quadro risalente al XVII o XVIII secolo, quando un Principe di casa Colonna, Duca di Tagliacozzo, fece dono all’Università tagliacozzana del dipinto del Volto Santo. Un Olio su tela, recentemente restaurato che rappresenta il velo della Veronica, la donna che asciugò il volto di Gesù, sofferente lungo la fatal via del Calvario. Il mistero vuole che il velo originale sia giunto a Manoppello, da fonti scononosciute e il quadro ne simboleggia una rappresentazione pittorica. Dopo duemila anni, nell’era dell’affermarsi dell’avanguardia tecnologica, della “follia” del controllo umano onnipotente, l’uomo non può fare a meno di provare un sentimento di fascino, o di sdegno, o di ammirazione di fronte a un mistero, una storia che nei secoli riesce ancora a raccogliere migliaia di seguaci. @RaffaeleCastiglioneMorelli

 

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