Tagliacozzo. Un patrimonio architettonico di cui non si conosce ancora il futuro. Villa Bella, punto di ritrovo estivo per intere generazioni, quando le piscine si riempivano di residenti e turisti, e invernale quando la popolazione partecipava in massa a eventi, feste con balli e canti all’interno dello stabile, ora rischia di restare in balia del tempo e dei vandali ancora per tanti anni. Prima che fosse abbandonata a se stessa e che le pareti della struttura centrale, le vasche delle piscine e gli altissimi trampolini si deteriorassero progressivamente, Villa Bella era un vero paradiso. Villa Paradiso, appunto, come era meglio conosciuta, oggi è un monumento al degrado, all’abbandono, all’incuria, un esempio di dequalificazione urbana, uno scorcio cittadino decisamente inquietante e triste. Il complesso nautico-sportivo fu costruito in epoca fascista e progettato dal grande architetto Enrico del Debbio, l’autore del Foro Italico, a ora è uno dei più inspiegabili esempi di architettura dimenticata. Era il 1933 e il podestà Domenico Amicucci, molto legato al Duce, pensò di realizzare a Tagliacozzo un’opera per la gioventù dell’epoca. Nacque un complesso di impianti sportivi come non si era mai visto nella Marsica. Allora erano poche le persone che avevano visto il mare e tanto meno una piscina, pochissimi quelli che sapevano nuotare. Venne convocato così un grande architetto come Enrico del Debbio. Da allora intere generazioni sono cresciute giocando a pallavolo nel campetto, oppure sulla pista di pattinaggio, o nuotando nelle piscine e tuffandosi dal trampolino olimpionico. Villa Bella ha rappresentato per anni, dal Dopoguerra in poi, fino agli anni 70, un punto di riferimento per la città. Nel 2009 è partita la gara di appalto per i lavori di ristrutturazione con un progetto da 650mila euro, ora i fondi sono stati impiegati ma il grosso del complesso è ancora da ristrutturare. Ora il parcheggio sotterraneo è pronto, se pur ancora chiuso, e anche l’esterno dell’edificio principale e il campetto da calcetto sono terminati, ma il resto giace in uno stato di totale abbandono, avvilito da una incessante attività di vandalismo e dal più completo oblio da parte delle molteplici amministrazioni che si sono succedute. Tutto è in disfacimento sotto una coltre pietosa e impietosa di foglie secche, non c’è una targa, un’indicazione, un riferimento. Al centro della smisurata vasca è cresciuto un salice, piangente non a caso.