Avezzano. Usura tra Avezzano e Rieti, 14 anni di carcere totali per l’ex arbitro di serie A Altobelli e tre avezzanesi.
Volge al termine il processo relativo all’operazione anti usura “Piranha”, che, conclusa a dicembre dello scorso anno dai carabinieri del nucleo investigativo, aveva portato all’arresto, tra Rieti e Avezzano, di Luigi Altobelli, ex arbitro di serie A, e degli avezzanesi Arcangelo e Bruno Morelli, assieme alla consorte di quest’ultimo.
Come riportato da Il Messaggero di Rieti, su tutte tra i numerosi capi d’imputazione contestati quella di usura fu l’ipotesi di reato da cui presero il via le indagini coordinate dal sostituto Rocco Gustavo Maruotti. Tre anni e sei mesi, pena patteggiata, per i cugini Morelli e due per la donna, mentre Altobelli, difeso dal legale di fiducia Alberto Patarini e giudicato con rito abbreviato, è stato condannato a 5 anni per 11 capi di imputazione (riconosciuta recidiva e continuazione del reato) e assolto da tre (relativi a presunti episodi estorsivi “perché il fatto non sussiste”) in aggiunta a 18 mila euro di multa e alla confisca di 454 mila euro che saranno devoluti all’Erario del Fondo unico di giustizia.
Sempre secondo quanto riportato dal quotidiano Lunga la requisitoria del pm Maruotti che ha disegnato Altobelli con un marcato profilo da “usuraio di professione”, protagonista di analoghi episodi risalenti già al secolo scorso (negli anni ’90 fu arrestato con Vero e Piero Cuccarini, rispettivamente padre e zio della nota cantante e soubrette Lorella), capace nel tempo di mettere in piedi un’attività illecita estesa e ramificata in un terreno dove sapeva muoversi con “disinvoltura e metodi scientifici”, chiedendo e ottenendo, a garanzia del prestito, titoli, cambiali, assegni, ingresso in società o addirittura la cessione di attività. Spesso inoltre, a scopo intimidatorio, venivano da lui evocati personaggi calabresi (mai identificati) cui sarebbe stato legato e ai quali avrebbe dovuto render conto dei prestiti. “Da qualche parte”, riporta il Messaggero secondo quanto ha asserito il pm Maruotti davanti al Collegio, “abbiamo ragione di ritenere che l’imputato conservi somme di denaro non recuperate”. Tassi usurai fino al 1200% annui che avrebbero costretto le vittime a pagare per anni solo interessi, anche 3mila euro al mese, senza riuscire ad arrivare alla corresponsione del capitale-debito iniziale. Condotte configurabili anche come “estorsive” per la pubblica accusa che ha descritto poi l’ingente mole documentale sequestrata per poi ripercorrere le tappe investigative.