Avezzano. La formazione universitaria orientata verso le esigenze del territorio come strumento per arginare lo spopolamento giovanile e rilanciare l’economia delle aree interne.
E’ il messaggio emerso dall’incontro promosso ad Avezzano dalla fondazione Magna Carta, dal titolo “L’università dell’Appennino”, con importanti partecipazioni universitarie e accademiche.
Al centro dell’attenzione, con l’intento di farne un vero e proprio caso di studio, l’idea della creazione di un vero e proprio “polo universitario” della Marsica, con l’obiettivo, come ha spiegato il presidente di Magna Carta, il senatore Gaetano Quagliariello, di “trattenere in queste zone il capitale umano”, sfruttare “la vocazione naturale delle città e dei borghi di questo territorio a diventare campus universitari”, servirsi anche delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie per “orientare l’offerta formativa verso i bisogni del territorio”.
La chiave è nel passaggio dell’università di Avezzano da “sede distaccata” a “polo universitario”, ampliando il ventaglio di opportunità a cominciare da un corso di studi, annunciato dal sindaco Gabriele De Angelis, dedicato all’agroalimentare. Solo per questa strada, ha affermato il sindaco, si potrà “trasformare una criticità in una opportunità”, attivando attraverso la formazione “una economia della conoscenza che produce effetti economici importanti”, e creando un’offerta “che permetta ai nostri giovani di essere competitivi in un mondo del lavoro profondamente cambiato”.
Nel corso dell’incontro hanno portato la loro esperienza Adriano De Maio, già rettore del Politecnico di Milano, e Bernardino Chiaia, docente e già vicerettore del Politecnico di Torino, nonché preside di Ingegneria a UniNettuno. Se De Maio ha evidenziato l’importanza di una considerazione del percorso formativo “dalle elementari all’università” con al centro “il merito” perché “uno non vale uno”, e l’esigenza di “trovare formule nuove per rispondere a esigenze nuove”, Chiaia si è soffermato su “come sia cambiata la formazione negli ultimi anni”, sulla rapida obsolescenza della conoscenza”, e sulle “grandi potenzialità offerte dalla formazione a distanza ibrida, intesa come formazione non alternativa ma complementare rispetto a quella tradizionale”.
La tavola rotonda conclusiva ha invece visto protagonisti i rappresentanti delle realtà accademiche e produttive del territorio abruzzese. Per la rettrice dell’Università dell’Aquila, Paola Inverardi, da un lato “il potenziamento dell’università non può passare per il solo rafforzamento di pochi centri nazionali ma impone un percorso analogo a quello dell’alfabetizzazione nel dopoguerra”, ma dall’altro occorre tener conto che “ad attrarre gli studenti non è soltanto l’offerta formativa, ma anche il sistema di organizzazione sociale e dei servizi nel quale gli atenei sono inseriti”.
Marco Fracassi, presidente della Confindustria aquilana, ha sottolineato “la responsabilità del sistema formativo nei confronti del Paese”, avvertendo però che “l’eccellenza non può essere distribuita su qualunque territorio”, ragion per cui “è importante sfruttare anche la digitalizzazione e le risorse dell’economia digitale”. Il tema della competitività è stato posto dal rettore di Teramo, Dino Mastrocola, che ha evidenziato come “la collaborazione tra realtà diverse consenta di esprimere a livello formativo iniziative sinergiche” e “di strutturare filiere che, salvo pochissime eccezioni, da soli è difficile completare”.
Mario Pisotta, consigliere della facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Teramo, ha infine ricordato come “ogni volta che le istituzioni investono sull’università, investono sui giovani e quindi sui futuri professionisti, imprenditori e dirigenti pubblici, dunque sulla futura identità culturale ed economica della città”.