Avezzano. C’è un libro tutto “made in Marsica” che sta catturando l’attenzione di appassionati e lettori di diverse età. Nonostante la voluta connotazione bambinesca del titolo, infatti, “Faolétte” di Roberto Cipollone si rivolge a tutti i lettori interessati a percorrere il territorio marsicano attraverso racconti ispirati a storie, leggende, segni della tradizione orale e temi del presente.
“Scrivere dei nostri luoghi non è solo un verbo al passato”, sostiene l’autore, “abbiamo ancora da raccontare e da riflettere, ma c’è sempre bisogno di sapere e conoscere per apprezzare il presente e i luoghi”. Gli stessi che il libro riprenderà ad attraversare, dopo le anteprime primaverili, con diverse presentazioni programmate a Pescina, Luco e Gioia dei Marsi, Aielli, Tagliacozzo, Cese.
Assieme a quelle che più somigliano a vere e proprie “favole”, e che attingono alla storia della Marsica, il libro contiene alcune composizioni ispirate a filastrocche e canzoni in dialetto “che non hanno mai avuto la possibilità di essere riconosciute come vere forme narrative e che continuano a perdersi assieme alle persone”. Le ispirazioni mantengono in ogni caso una forte radice locale. In una delle prime “faolétte”, in particolare, il lago Fucino torna ad animarsi con il pesce dalle otto pinne descritto da Plinio e andato via assieme agli altri con la vecchia acqua, mentre nell’ultima riappare la Dea Angizia, immaginata poco più che bambina con il nome che usavano i Marsi.
Ma allo stesso tempo storia e leggende possono incrociarsi e il “mazzamurello”, il folletto dei boschi abruzzesi, può fondersi con i racconti dei briganti consumati sui monti marsicani; la storia, tuttavia, torna prepotentemente quando l’ispirazione si scontra con il terremoto del 1915, in una prima notte di racconti, abbandono e disperata speranza. “Perché, se servono a qualcosa”, scrive l’autore “le favole servono a questo: a dire che una figliastra può diventare una principessa, se conserva la propria cifra” (e così scriveva Antonio De Nino raccogliendo a fine ‘800 le fiabe abruzzesi e marsicane, come “Lu cuscinill” qui riadattato). Sul solco di quella tradizione orale Cipollone trae ispirazione anche da una canzone dialettale scritta dal padre Osvaldo, così come da tre filastrocche delle nonne, “che allora come adesso non hanno la pretesa di raccontare, ma solo di ispirare, incantare, di evocare immagini”.
È una pubblicazione autoprodotta, quella di “Faolétte”, un ritorno alle origini per il settimo libro dello scrittore di Cese che ha coinvolto nel progetto altri nove illustratori, anche loro tutti marsicani: Alleg, Barbara ed Emanuela Cipollone, Vanessa Croce, Fabrizio Del Monaco (unico sulmonese, almeno per nascita), Miriam Murzilli, Eliseo Parisse, Martina Troisi e Violinoviola.
Nei desideri dell’autore, d’altra parte, c’era quello di rappresentare alcune storie dei propri luoghi affiancando ai testi la forza dell’arte visiva e coinvolgendo direttamente gli artisti conterranei. “Non è un esercizio a sé”, scrive, “ma un’idea di esplorazione verso un tentativo mai fatto, che porta con sé anche il valore di un lavoro corale”. Lo stesso in cui è entrato con entusiasmo anche l’autore della prefazione, Domenico Paris. “Oltre ad essere un oggetto bellissimo”, scrive Paris, “questo libro è un dispenser di Saggezza Patria. Leggendo queste favole, spero che tutti possano fare opportuno ripasso di certi Valori e di certa Identità”.
Attraverso le proprie ispirazioni, soprattutto quelle legate al presente, infatti, l’autore parla di alcuni temi cari come la forza degli affetti, o il valore dell’amicizia e della forza morale contrapposta al pregiudizio ed all’esaltazione estetica. Temi di massima attenzione e centralità, su cui invita riflettere attraverso semplici e profonde “faolétte”.
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