di Pietro Guida
Avezzano. Ho avuto la fortuna di conoscere Maurizio Giorgetti circa dieci anni fa. Mi colpì il suo aspetto burbero, quella barba lunga, la voce cupa un po’ rauca, le parole misurate ma incisive. Un uomo apparentemente duro, ma a conoscerlo meglio, in fondo, una persona buona, sincera, passionalema anche con ombre alle spalle e addirittura la galera. Quando ci si trova di fronte a una persona così si capisce subito che non è un uomo qualunque. Si tratta di un uomo pronto a morire per delle idee. E non è un eufemismo. Avevo da poco iniziato a collaborare con il mio giornale e Giorgetti, per uno che cerca notizie, è una vera manna dal cielo. Con lui è difficile che ci si possa annoiare, che non ci siano contestazioni su quello che non va, o che va come non dovrebbe. Il suo ultimo libro, però, paradossalmente, si intitola “Un uomo qualunque”. E’ fitto di contenuti che fanno parte dell’intensa vita di Maurizio Giorgetti. Ma in realtà è un surrogato, un bignami di un’esistenza così fitta di eventi e carica di contenuti ed esperienze, positive e negative. Di certo Giorgetti, nonostante il nome del libro, un uomo qualunque proprio non lo è. Ricordo i suoi racconti, fitti di cultura e di esperienze, ricordo molte delle sue rivelazione che a uno di 25 anni sembravano frottole e invenzioni per ostentare la propria personalità. Qualche anno dopo capii ed ebbi modo di constatare che quelle rivelazioni erano pura verità. Ricordo le sue battaglie, sull’acqua, sulla sanità, sul sociale, sui principi, soprattutto sui principi. Molte le avevo addirittura rimosse e ho dovuto cercare nel mio archivio tante furono le sue campagne contro il potere. In molti hanno sempre ritenuto Giorgetti un rivoluzionario poco di buono, un estremista di destra, addirittura anche di sinistra, ma io che lo conosco bene non posso confermare queste tesi. Rivoluzionario sì, non ci sono dubbi, poco di buono no, a meno che non lo si interpreti come l’andare contro lo stato di diritto per ottenere ciò che le sue idee rivoluzionarie dettavano al suo cuore di contestatore. Certo non si possono condividere tutte le sue scelte, ma non si può non condividere lo spirito ribelle di Giorgetti. E poi lui era sempre avanti rispetto agli altri. In quegli anni era avanti. Le battaglie per salvare l’ospedale Umberto I di Tagliacozzo lui le aveva fatte dieci anni prima degli altri. E le sue battaglie, dure, aggressive, erano anche efficaci. Ci sarebbe troppo da dire di Giorgetti. “Avevo solo 26 anni. Mi sembrava che avessi vissuto di già una vita intera”, scrive infatti nel libro, una sorta di autobiografia. Nel volume, con uno stile letterario gradevole – che non guasta – ci sono i passaggi fondamentali della sua complessa ed entusiasmante vita, dalle operazioni con le banche ai contatti con la banda della Magliana, dall’esperienza del carcere alle attività imprenditoriali, dai viaggi alla militanza e alla guida del Fronte sociale nazionale, dall'”affaire Moreno” all’avventura nel mondo della Sanità, fino ad arrivare alle rivelazioni sul mistero infinito di Manuela Orlandi. La vita di Giorgetti, insomma, è spesso ancora cupa e misteriosa, è molto complessa, e la sua storia peggio. Per capirne qualcosa in più si può provare a studiare “Un uomo qualunque”, un volume che non va solo letto, ma esaminato. E credo proprio che nei prossimi anni, da quel volume, si potrà estrapolare tanto materiale su fatti di cronaca e di storia contemporanea, non materiale letterario solamente, ma documentazione di vita vissuta. A fondo.