Avezzano. Un pezzo della medaglia d’argento di Manuel Pozzerle alla Paralimpiade invernale è anche sua. Paolo Di Pietro è il fisioterapista dello snowboard oramai da diversi inverni e, dopo la prima esperienza di quattro anni fa a Sochi, in cui per altro la disciplina faceva il suo esordio assoluto ai Giochi, in Corea del Sud ha potuto festeggiare la prima medaglia in una rassegna così importante, seguita dai media e dagli appassionati di tutto il mondo.
«È stata un’avventura incredibile, totalmente differente da quella in Russia. La prima, a livello di emozioni, resterà per sempre speciale, ma negli ultimi dieci giorni abbiamo vissuto questa nuova Paralimpiade con maggiore esperienza e i risultati sono arrivati – racconta il trentasettenne fisioterapista di Avezzano -. Centrare l’argento nella gara di border cross è un qualcosa di magico, che resterà impresso indelebilmente nei miei ricordi».
Di Pietro racconta poi qualche retroscena nascosto dietro a una medaglia, ciò che c’è ma che spesso non si vede: «Già da due giorni prima della gara, Manuel sentiva un affaticamento abbastanza importante alla gamba destra. L’ho trattato con dei macchinari che avevo disposizione, alcuni forniti dal Comitato paralimpico italiano, altri come la tecar e le elettroterapie che ho portato io da casa. Il giorno prima della gara abbiamo fatto due ore di massaggio relax, che ormai è un must, l’avevamo fatto anche nel 2015 a La Molina prima che si laureasse campione mondiale».
E per poco, un altro dei ragazzi allenati da Igor Confortin, non gli ha regalato altre gioie. Il rider toscano Jacopo Luchini, infatti, si è fermato due volte ai piedi del podio: quarto nel cross e quarto nel banked slalom. «Lui ha avuto un grande infortunio nella prima run di border cross, un trauma nella zona lombare e poi contusioni a tutte due le caviglie. L’ho trattato con tecar e massaggi dopo la gara per i successivi due giorni, mattina e pomeriggio. L’abbiamo rimesso in sesto ed è arrivato a 3 centesimi dal bronzo nello slalom: è stata una mezza medaglia. Quantomeno, grazie al piazzamento di prestigio entrerà nel club paralimpico, fattore fondamentale per chi vuole fare sport ad alto livello nel nostro settore».
PyeongChang ha rappresentato anche un’occasione di confronto professionale per Di Pietro: «Сome già successo a Sochi, a PyeongChang ho lavorato spesso con la collega dello sci Elena Semplici, in simbiosi ci siamo aiutati. Voglio poi ringraziare la clinica Ini di Canistro che mi permette di partecipare a questo evento, unendo lavoro alla mia passione. Ringrazio i miei colleghi che mi hanno scritto in questi giorni e poi mando un pensiero speciale a mio figlio, che è nato pochi giorni prima di partire e che non vedo l’ora di riabbracciare. Lui è la mia medaglia d’oro».