Proverò a fare chiarezza anche se ho i miei dubbi sulla riuscita, visto che quanto state per leggere è scritto nella stessa lingua in cui avevo scritto ciò che è stato frainteso. Nessuno vuole la chiusura del tribunale di Avezzano. Questo sinceramente non pensavo nemmeno di arrivare a doverlo specificare, ma evidentemente mi sbagliavo. Ma a quanto pare bisogna persino precisare la differenza tra editoriale e articolo. Nel primo caso si tratta di un’analisi fatta dal giornalista, redatta dal suo personale punto di vista, su un problema o un fatto di rilevante attualità. Nell’articolo, invece, il ruolo del giornalista deve fermarsi alla semplice esposizione dei fatti. Nell’editoriale dove citavo il Cam (e sottolineo editoriale) l’intento non era certo quello di equiparare il consorzio acquedottistico al tribunale o il contrario, bensì quello di far ponderare con attenzione le scelte politiche per non far ripetere gli stessi sbagli che sono stati fatti in passato in altri ambiti. Questo al solo fine di evitare il clima di odio che si era creato quando il comune di Luco, a ragione, aveva chiesto che gli venissero pagati i debiti. La musica si era fermata e qualcuno stava per rimanere senza la sedia. Fortunatamente il buonsenso ha prevalso e la musica è riiniziata, ma ciò che succederà, ed in tanti ne sono preoccupati, lo sapremo solo quando si fermerà anche il prossimo giro di walzer. La situazione, se ci si riflette bene, non è tanto diversa da quella che potrebbe venirsi a creare nell’ipotesi che ogni comune dovesse versare una quota per il salvataggio del tribunale. Se un comune non dovesse pagare si accumulerebbero debiti e l’odio verso il nuovo carrozzone politico (perché l’opinione pubblica così lo vedrà) scorrerà copioso per l’ennesima volta. Pertanto ritengo necessario salvare il tribunale, anche con l’autotassazione comunale se necessario, ma quantomeno si faccia attenzione ad evitare gli errori già fatti in passato. Se poi non si vuole ascoltare il consiglio di un giornalista, particolarmente sensibile all’odio verso le istituzioni e convinto che questo faccia male alla classe politica e all’intero territorio, liberi di farlo, purché poi non si chieda alla stampa di smorzare i toni delle polemiche, poiché il mio consiglio mirava proprio a questo. Un altro errore comune, poi, è quello di pensare che se il giornalista non lo scrive, un fatto non sia mai accaduto. Se qualcuno ruba una mela e il giornalista lo scrive, sembra quasi che a rubarla sia stato il giornalista. A parte che questa potrebbe essere etichettata come “censura”, ma mi domando anche fino a quando, e soprattutto a che pro, dovremmo continuare a nascondere la polvere sotto lo stuoino pensando persino di farci del bene? Nell’articolo della digitalizzazione del tribunale di Sulmona (e sottolineo articolo) sono stati riportati dei fatti, ma anche le opinioni e gli umori di più di un addetto ai lavori. Ma questo non significa che gli umori siano di chi ha redatto l’articolo. Se pertanto ho riportato la paura, in fin dei conti condivisa da molti, che la digitalizzazione del tribunale di Sulmona possa dare un vantaggio alla valle peligna, è evidente che non sia una mia affermazione. E se qualcuno, dopo questo sfogo sul mio blog (che non è né un articolo sul giornale, tantomeno un editoriale), riuscirà finalmente a capire la differenza tra un editoriale e un articolo, potrò già ritenermi soddisfatto. @francescoproia