Avezzano. Il 20 febbraio di tre anni fa è venuto mancare per la comunità avezzanese e marsicana un uomo che, nel piccolo di una vita qualunque, ha lasciato una traccia indelebile nel cuore di chi lo ha conosciuto. Si tratta di Filippo Martini, noto più semplicemente con il soprannome di “Zeman” per via della sua smisurata passione per il calcio. Una personalità forte, dotata di un grande spirito di iniziativa ma, soprattutto, animato da una sana e genuina disponibilità verso il prossimo. Amava guardare il mondo con positività, dandosi da fare per migliorare la collettività e l’ambiente. Per questo ricoprì il ruoto di capo revisore del Corpo Forestale dello Stato e quello di delegato marsicano per la Figc, per la quale si occupava di realizzare il campionato Amatori. Fortemente legato a questa posizione, “Zeman” aveva con i giovani un rapporto sincero, senza alcun tipo di barriera. Le sue battute, simbolo del carattere cordiale e solare, gli permettevano di arrivare dritto nell’animo dell’interlocutore e di rimanervi. Poca importava se avesse davanti a sé un bambino o un adulto, egli aveva un sorriso per tutti. Ogni domenica incoraggiava i calciatori dagli spalti “dej camp d’ San Pelino”, campo di giuoco del quale si prendeva cura ogni sabato mattina. Era sempre lì, pronto a divertirsi e a far divertire, rivendicando la sua idea di un calcio, e di una vita, lontano da qualsiasi forma di violenza. Valori inestimabili.
La famiglia, però, aveva un ruolo centrale. Per i suoi cari era un’istituzione. La moglie Rita e gli adorati nipoti (suo malgrado milanisti) ai quali ha insegnato la bellezza di vivere la vita come un giusto connubio tra realtà e sogni. Per questi ultimi, come un fiero e saggio nonno, ha lottato per spianargli la strada verso un mondo complesso e per trasmetter loro i valori in cui credeva. Cullati, cresciuti, protetti, sempre con la consapevolezza, però, di essere al loro fianco. Di Filippo si potrebbero raccontare numerosi aneddoti, come l’amore per la pazza Inter, il “tombolone” la sera del 24 dicembre, l’arte di soprannominare chiunque incontrasse, il panino con la porchetta trasaccana perché “quell’ è l’più bon”, il gioco delle bocce come angolo di tranquillità tanto ricercato negli ultimi, movimentati, anni. Sono proprio i vivi ricordi che lo rendono indimenticabile nei cuori dei familiari e di chi l’ha conosciuto e che, riprendendo le parole dello scrittore Palahniuk, “non lo sminuiscono in un semplice pesciolino rosso in una vita costellata da pesciolini rossi”. A tal riguardo è doveroso citare il memorial “Filippo Martini” organizzato dalla Figc quasi tre anni fa, o i tanti messaggi di cordoglio e vicinanza che, da tre anni a questa parte, non mancano di lenire le sofferenze dei familiari.
Un personaggio unico nel suo genere, dunque, che, grazie alla semplicità di un sorriso e di una giornata qualunque, si è fatto amare per il suo impegno sociale, sportivo e a difesa del territorio. Uomo di grandi valori, emblema di tradizioni locali in procinto di sparire, Filippo è oggi ricordato dalla famiglia mediante quest’articolo, il cui intento è quello di tracciare le linee essenziali della personalità di un uomo semplice. Alle dinamiche marsicane attuali avrebbe, infatti, risposto con una semplice, ma non per questo banale, frase anch’essa testimonianza di una realtà autoctona che lo ha permeato nell’animo. Lo immaginiamo, perciò, sorriderci caldamente dicendo: “Chi vò Cristo se j prega”. Federico Falcone
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