Celano. Una giornata per sensibilizzare la Pittini a non dimenticare lo stabilimento di Celano. I lavoratori e le parti sociali sono partiti dalla Marsica verso Udine per dire no alla chiusura del sito marsicano. Ecco il racconto di Antonello Tangredi, Fim-Cisl. “Non senza tristezza, faccio il bilancio di quella che, in ordine cronologico, rappresenta l’ennesima tragedia occupazionale nella nostra terra: la chiusura della ex Maccaferri (dal 2009 Trafilerie – Zincherie, gruppo Pittini). In coincidenza con il 97° giorno di presidio davanti ai cancelli della fabbrica, abbiamo deciso di affidare l’ultima “speranza” a quella che, ironicamente, avevo definito “operazione Cartagine”, ovvero, fare come il famoso condottiero romano, Publio Cornelio Scipione detto l’Africano” che portò la guerra a Cartagine. Alle 22.30, un pullman, stracolmo di lavoratori, è partito per il Friuli Venezia Giulia e, precisamente, per Osoppo, sede centrale della Pittini. 10 ore di viaggio organizzato in ogni particolare, per portare la vertenza a “casa loro”; 10 ore di viaggio stremante per dire alla gente di Osoppo (delizioso paesino di 3055 anime) che Pittini, almeno quello che abbiamo conosciuto in 4 anni, non è il “buon samaritano” disceso dal nord per dare lavoro a 74 famiglie della Marsica: ha licenziato 74 lavoratori e si ritrova, senza aver fatto niente, padrone di una fabbrica costruita oltre 30 anni fa con tanti soldi pubblici, completamente funzionante e pronta per essere trapiantata in Slovenia. Alle 7 del mattino, ad Osoppo, era ancora buio, per le strade, pulite e ordinate, non abbiamo incontrato un essere vivente. Al posto dove avremmo potuto manifestare le motivazioni del nostro viaggio, preventivamente autorizzato dalla Questura di Udine, abbiamo trovato solo tanti agenti delle Forze dell’Ordine, quasi in atteggiamento antisommossa (alla fine gran brava gente). Con le prime luci dell’alba, ai nostri occhi si sono presentati i monti della Carnia, gli stessi che avevano visto i nostri nonni e i nostri padri alpini, in altri tempi e in altri teatri di sofferenza e di morte. Dunque, qualcosa in comune fra noi e quel posto, qualcosa che parla amaro e che non va giù! Siamo scesi dalla “corriera” stanchi ma con la fierezza propria dei marsicani: schiena dritta e testa alta. Abbiamo scaricato gli striscioni e le bandiere sotto l’occhio vigile della Digos che ha voluto leggere il contenuto delle nostre iniziative coreografiche, prima dell’esposizione: promossi! Le forze dell’Ordine, forse erano state allertate negativamente dai nostri interlocutori sindacali? Ho chiarito loro che noi “siamo i figli dei cafoni” di Silone, testardi ma brava gente ! Testardi ma sinceri, onesti e rispettosi della legge e che, nessuno si sarebbe lasciato “andare”. Intorno alle ore 9, l’unico esponente politico che ci ha accompagnato in quest’avventura, il consigliere Luigi Milano (Gino), ha dato il via al comizio, richiamando l’attenzione dei pochi passanti, partendo proprio dalla fratellanza “alpina” dei nostri popoli. Dopo l’intervento di alcuni operai, ho chiuso il comizio parlando del merito delle questioni industriali e sindacali. Intorno alle 10, il giovane sindaco di Osoppo, l’avvocato Luigino Bottoni, ci ha ricevuto nella sala consiliare. A lui abbiamo affidato il nostro ultimo messaggio di speranza che, dovrebbe concretizzarsi il 27.12.13, allor quando, in sede di consiglio comunale, affronterà la vertenza dello stabilimento di Celano, ovvero, dopo aver invitato Gruppo Pittini, a riconsiderare l’idea della chiusura dello stabilimento marsicano e, di conseguenza, il prolungamento degli ammortizzatori sociali con il ritiro delle lettere di licenziamento, passando per la via di una vera trattativa sindacale. Ci riuscirà ? Ognuno di NOI tifa per il si !!!!! Non è obbligato a prendersi impegni con noi. A lui, dunque, abbiamo affidato, lo stesso si che, inizialmente accordammo al sindaco di Celano e a tutti coloro che, di volta in volta si sono resi disponibili a “darci una mano” per la soluzione della vertenza in questi 97 giorni. 97 giorni di sole, vento, pioggia e freddo che hanno visto consumarsi ulteriormente e, credo, irrevocabilmente, la nostra fiducia verso i rappresentanti locali, regionali e nazionali della politica (con la minuscola d’obbligo). Ognuno di loro faccia il proprio mea-culpa, il proprio esame di coscienza, soprattutto quando passerà davanti a quella fabbrica dismessa. Cominciassero a pensare che, oltre ad avere la “schiena dritta e la testa alta”, i lavoratori, non solo quelli della ex Maccaferri, hanno un cuore ed un cervello, nel quale trova spazio la memoria, la stessa che li convincerà sempre di più a non fidarsi di chi, con l’inganno e per sete di potere ha giocato a “perdere tempo” e a scaricare la colpa sul sindacato. I lavoratori e il sindacato, unitariamente, hanno condotto una “battaglia” impàri, senza perdere mai di vista l’obiettivo del lavoro e della dignità degli uomini. Il nostro viaggio della “speranza” si è concluso alle 02.15 del 22 dicembre 2013, con la schiena piegata dalla stanchezza del viaggio, solo da quella, ma con la consapevolezza che, anche il più titubante dei lavoratori in questi 97 giorni “ha trovato il coraggio di avere coraggio” per andare avanti senza aggrapparsi ai sogni: il contrario di quello che avrebbe voluto la “politica vellutata”. Il nostro viaggio si è concluso con la certezza che Pittini non sia migliore di tanti imprenditori senza scrupoli ma con la speranza che, anche dopo “i tempi supplementari” si possa giocare ancora un’altra partita”.