Avezzano. Si conclude con condanne che vanno dai quattro anni ai quattro anni e otto mesi di reclusione la vicenda legata al traffico di stranieri nella Marsica, in particolare nel Fucino.
La prima sezione della Cassazione ha emesso il verdetto nei confronti di nove persone, accusate di aver sfruttato migranti attirati con false promesse di lavoro. Ciò che per molti sembrava essere un viaggio della speranza si è trasformato in un incubo, fatto di sfruttamento e inganni. Secondo l’accusa, i migranti venivano costretti a vivere nell’ombra, lavorando in condizioni precarie per salari miseri, mentre la promessa di una vita migliore si infrangeva contro una realtà ben diversa. A rendere il quadro ancora più cupo, la necessità per molti di pagare somme ingenti, tra i cinquemila e i settemila euro, per ottenere ciò che si rivelava solo un’illusione. Alcune accuse sono state confermate, altre ridimensionate, mentre diversi reati sono caduti in prescrizione.
Le indagini hanno ricostruito il sistema organizzato dagli imputati, che offrivano lavoro ai migranti in cambio di somme elevate, salvo poi non mantenere le promesse o costringerli a lavorare in condizioni degradanti. I reati contestati inizialmente erano gravi: si parlava di associazione a delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina, truffa e falso ideologico. Tuttavia, nel corso del procedimento, è stata esclusa l’ipotesi che il favoreggiamento dell’immigrazione avesse fini di lucro, e ciò ha comportato una riduzione delle pene.
La vicenda giudiziaria, iniziata anni fa, ha coinvolto complessivamente trenta persone. Tra queste, dodici erano state assolte in primo grado, mentre le restanti diciotto avevano ricevuto condanne dalla Corte d’Assise, con pene che variavano dai tre ai sette anni e mezzo di reclusione, oltre a multe superiori al milione di euro. Successivamente, la Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila aveva rivisto e ridotto alcune pene, portando alla condanna definitiva di nove imputati e all’assoluzione degli altri.
Tra i condannati spicca Luigi D’Apice, presidente dell’Opoa Marsica e della Fucense Calcio, la cui pena è stata ridotta da quattro anni e undici mesi a quattro anni e otto mesi. L’accusa di associazione a delinquere, che lo vedeva coinvolto, è stata esclusa, e sia l’Opoa che la società sportiva sono state dichiarate estranee alla vicenda.
Anche altri imputati, come Giampiero Paris, Simone Ciccarelli, Rachid Errahmany e Boubker Errahmany, hanno visto una riduzione delle loro condanne, mentre per Mohamed El Yousfi e Driss Motahir la pena è stata fissata a quattro anni e dieci mesi. Solo Bouzekri e Abderrahman Aaris hanno ricevuto conferma delle loro condanne a cinque anni e otto mesi di reclusione.
Un cittadino marocchino, costituitosi parte civile con l’assistenza degli avvocati Luca e Pasquale Motta, ha ottenuto una provvisionale di cinquemila euro come risarcimento. Gli accusati, difesi da un nutrito collegio di legali tra cui Antonio Milo, Domenicantonio Angeloni e Franco Coppi, hanno sempre proclamato la loro innocenza. D’Apice, in particolare, ha più volte ribadito tramite il suo avvocato la sua estraneità ai fatti, parlando di accuse non corrispondenti alla realtà. Con la sentenza della Cassazione si chiude definitivamente una vicenda che ha segnato profondamente la Marsica e il suo territorio.