Terzo giorno di questo viaggio, i chilometri percorsi sono numerosi, ma altrettanto numerosi sono gli incontri fatti e le esperienze vissute. Ogni giorno è una nuova opportunità, e noi la stiamo sfruttando al massimo con energia: stamattina la nostra prima meta era al Campidoglio, nella Basilica di Santa Maria Aracoeli, dove abbiamo vissuto un momento particolare ma davvero suggestivo con la Comunità di Taizè; il loro modo di pregare insieme a persone da tutto il mondo consiste nel cantare a ripetizioni frasi in varie lingue (italiano, latino, inglese, francese, polacco…), alternati a momenti di silenzio che duravano anche 10 minuti.
La cosa bella (ma anche scomoda) era che la chiesa non aveva panche, e tutti noi sedevamo a terra, e questo faceva risaltare la bellezza e la grandezza dell’edificio barocco. In seguito abbiamo proseguito verso la Chiesa del Gesù dedicata a Sant’ignazio, un uomo che oscilla tra il guerriero spagnolo che medita sulla sua vita e un fervente teologo impegnato nell’aiutare il prossimo. Proprio da lui nascerà il movimento dei gesuiti, chiamato così perché, a differenza dei francescani o dei benedettini, Sant’ignazio non voleva la gloria, ma puntava alla massima umiltà. Dopo esserci rifocillati ci stavamo incamminando, quando un volontario del Giubileo ci ha chiesto se potesse intervistare uno di noi e mi sono fatto avanti improvvisando tutto ciò che dicevo. Spero che mi possa mandare l’articolo durante questi giorni, così da poterlo pubblicare qui.
Poi abbiamo proseguito verso la Chiesa di Santa Maria Valicella una chiesa piena zeppa di italiani che ascoltavano una catechesi “Conosci Piergiorgio Frassati”. La nostra fortuna, grazie agli agganci di Don Antonio, è stata quella di poter visitare le spoglie e le stanze del Santo Filippo Neri. La serata si volgeva al termine, ma c’era ancora un altra tappa da raggiungere: la Basilica di Santa Maria della Minerva, una stupenda chiesa gotica con vetrate e volte dipinte come la cappella degli Scrovegni, blu lapislazzuli e stelle, dove abbiamo celebrato la messa.
Prima di andare avanti c’è un appunto da fare: quando il volontario mi ha intervistato, mi ha chiesto cosa mi aspetto da questo Giubileo, e la mia risposta è stata l’unità dei ragazzi e la capacità della musica di unire prima delle parole. Per questo motivo, dopo cena, mentre aspettavamo che tutto il gruppo arrivasse, abbiamo usato la chitarra che portavamo con noi e abbiamo fatto un medley di canzoni da “vero italiano”: Italiano, Azzurro, Il gatto e la volpe, Gianna, Sarà perché ti amo, Angela. Questa scelta ha fatto radunare e cantare tantissime persone attorno a noi, molti italiani, ma soprattutto turisti stranieri divertiti dalla scena. Siamo rientrati stanchi e con poca voce, ma, come dicevamo all’inizio, abbiamo afferrato i frutti di questo giorno ancora maturi sull’albero. Valerio Montaldi