Avezzano. C’era la figura di Stefano Manni, ex carabiniere 48enne di Ascoli Piceno ed ex maresciallo di Balsorano al centro del piano finalizzato a colpire Prefetture, Questure e uffici di Equitalia, a distruggere lo “Stato fantoccio”, e a eliminare rappresentanti politici e persino gli ‘infami’ legati ai servizi segreti. Un piano che i carabinieri del Ros hanno scoperto e che ha portato agli arresti di 14 persone (11 in carcere e 3 ai domiciliari) ritenute i componenti di un’associazione clandestina denominata “Avanguardia Ordinovista”, di stampo neofascista, che puntava a sovvertire l’ordine democratico dello Stato e che aveva come base Montesilvano. Il gruppo ruotava attorno alla figura di Manni che – stando alle indagini condotte dalla Dda dell’Aquila – utilizzava il web, e in particolare Facebook, come strumento di propaganda eversiva, per incitare all’odio razziale e fare proselitismo.
“Se non lo dico scoppio. Questo è il momento storicamente perfetto per carbonizzare Napolitano e la sua scorta. Da qui deve iniziare la liberazione d’Italia”. È quanto avrebbe scritto in un post su Facebook Stefano Manni, considerato dagli inquirenti, il “capo indiscusso” di Avanguardia Ordinovista.
“Il carattere antidemocratico dell’organizzazione è evidente sia per la terminologia utilizzata nelle chat e ascoltata tramite intercettazioni telefoniche – scrive il gip – sia perché è chiaro l’intento di sovvertire l’ordine democratico dello Stato, attraverso il compimento di atti violenti (di rilievo le frasi più spesso riportate: “ordine dopo il caos”, “disintegrazione del sistema”, “bombe contro gli Uffici di Equitalia, Prefetture, Questure”), e la contemporanea formazione di un partito politico impegnato sul territorio in grado di portare nuovi volti idonei a entrare nel Parlamento, tramite il voto popolare guidato con attacchi alla stabilità dello Stato. Stefano Manni, infatti, auspica, attraverso Facebook e i suoi contatti telefonici e personali , il ritorno ad azioni violente presenti nel periodo della ‘strategia della tensione’, istiga al compimento di dimostrazioni di violenza contro obiettivi istituzionali e personalità dello Stato”.
Tra queste personalità, oltre al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ci sono nomi di spicco come quelli di Laura Boldrini, Mauro Monti e Cecile Kyenge.
Manni, parla con Valerio Ronchi, di 48 anni di Como (anche lui indagato nell’ambito della maxi inchiesta) sull’aspetto legato al finanziamento economico.
Ronchi afferma: “Allora bisogna trovare un qualcuno che dice, ascoltate, state, io sto fuori non voglio essere né menzionato né benedetto non mi interessa niente, ho la possibilità di darvi ‘x’, sono 100 mila euro, sono 500 mila euro, sono un milione di euro, fate qualcosa per piacere, fate qualcosa sono soldi che ho tirato su da aziende, 50 mila di qua, ma fate qualcosa vi prego, allora lo hai capito che ti puoi muovere”.
Manni: “Mbeè certo”. Ronchi: “E siamo sempre lì, stesso discorso l’anno scorso, due anni fa che avevamo chiesto a Berlusconi, abbiamo detto tu stattenete fuori, ci prendiamo tutti i cazzi tuoi a sinistra che hai tu sul groppo ce lo prendiamo noi, dacci una mano, vuoi apparire non vuoi apparire questo lo devi decidere tu a noi non ce frega un cazzo, dacci una mano è una cosa economica, solo per poterci muovere tranquillamente perché andà in giro a fare il barbone e rischiare la vita per chi…no non lo faccio”.