Avezzano. A inizio anno il segretario della Fim-Cisl, Antonello Tangredi, ha voluto buttare giù un bilancio del 2011 e una prospettiva per il 2012 che si annuncia molto difficile per le aziende e per i lavoratori della Provincia dell’Aquila. “Il termine recessione, abilmente sostituito dalla politica con quello apparentemente meno invasivo, “mancata crescita” e “crescita negativa”, è di fatto, servito sulle nostre tavole”, ha spiegato Tangredi nella sua nota, “ogni nostra lamentela e ogni nostra forma di “ribellione” sociale, andrebbe a scontrarsi con un muro di gomma rappresentata dalla realtà nella quale siamo scivolati, un po’ effetto della crisi americana (divenuta poi mondiale) e più marcatamente a causa del nostro enorme debito pubblico che, di fatto, ha reso vani tanti nostri sacrifici.
Non è dunque questo il momento di scaricare le colpe sulla classe politica dirigente (ad ogni livello), perché siamo stati noi a “mandarli” li ! Non è dunque questo il momento di piangerci addosso e pensare di uscire indenni da questi enormi problemi, andando ad elezioni anticipate. Il Governo Monti, piaccia o no, rappresenta, probabilmente, l’ultimo tentativo di salvare l’Italia, prima che questo Paese si Sfasci completamente. Che siamo sempre noi a pagare, per la semplice “operazione” che è più facile prelevare sulle nostre busta paga, ancor prima che i soldi ci arrivino, invece che inventarsi un sistema di recupero dell’evasione fiscale, patrimoniale e contributiva, è chiaro come il sole !
Almeno altre 9 manovre finanziare pesanti (come quella appena approvata), stando a ciò che dicono studi attendibili, ci saranno servite nei prossimi anni e, quindi, con le famose “lacrime e sangue”, dovremmo conviverci.
Inutile storcere le teste ! E’ questo ciò che ci attende e ciò che farà assomigliare il nostro paese, ad un paese che, nel frattempo si sarà ulteriormente impoverito e, di conseguenza, imbarbarito. I latini dicevano: “homo, homini lupus”. Potrebbe succedere anche questo se non saremo in grado di reagire come fecero i nostri padri alla fine della seconda guerra mondiale, allor quando si ripresero con determinazione il futuro dell’Italia, ricominciando dal lavoro.
Ognuno per la Sua quota di responsabilità, a cominciare da noi sindacalisti, ha davanti un percorso obbligato fatto di rigore e regole! Non sono ammessi errori! Questa volta non ci saranno gli americani e le “am-lire” (il conio del dopo guerra) a salvare l’Italia. Dovremmo difenderci con i denti l’art. 18 dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori, come dovremo cercare di difendere a tutti i costi l’unità sindacale e sostenere con i pochi mezzi che abbiamo a disposizione, uno “stato sociale” divenuto, negli ultimi anni, sempre più debole. Dovremmo fare del tutto per non far chiudere i cancelli delle fabbriche e continuare a garantire la continuità lavorativa in quelle poche non ancora attaccate dalla crisi. La nostra provincia è messa davvero male e la Marsica, fino a poco tempo fa, un’isola quasi felice, è entrata in piena recessione industriale, con conseguente perdita di posti di lavoro e aumento delle richieste di cassa integrazione e mobilità. Abbiamo tante vertenze aperte, tanti tavoli di discussione ai quali non siamo stati ancora in grado di dare risposte, perché “tamponare le ferite dei lavoratori” in uscita dal mondo del lavoro (non per loro colpa) è stato prioritario rispetto a trattative di secondo livello. In questo contesto s’inquadra anche la trattativa delicatissima con la Micron, per la quale, com’è noto, il tavolo è fissato per il 18 gennaio. Non sarà una data “inutile” come sostiene la “tesi” di alcuni lavoratori, sicuramente stanchi degli assurdi turni di 12 ore! Sarà, con ogni probabilità, la data in cui saremo chiamati a decidere le sorti della più grande fabbrica della provincia; sarà l’ennesima occasione in cui la Micron calerà sicuramente sul tavolo la Sua ricetta: prendere o lasciare. Sarà, con ogni probabilità, la data nella quale, con immediatezza dovremo convocare le assemblee dei lavoratori per chiamarli a scegliere, nel segreto dell’urna, i loro destini, senza ipocrisie e senza inutili fatalismi dettati dalla paura delle scelte stesse. Il sindacato dei metalmeccanici, soprattutto dentro la Micron, a valle degli accordi unitari disdettati a settembre 2011, avrà di fronte anche l’altro problema, non di poco conto, relativo al fatto che la FIOM-CGIL, non avendo firmato il c.c.n.l., in punta di diritto, sarebbe fuori dalla fabbrica. Non è questo che vuole la FIM-CISL, sarebbe inutile predicare l’UNITA’ sindacale per il bene dei lavoratori.
Vorrei e vorremmo, in questo 2012, tornare a ricostruire le basi della coesione sociale che fece diventare grande questo Paese e dare a tutti la possibilità di esercitare i diritti e i doveri nelle fabbriche aperte”.