“Mio padre mi ha fatto fare tutti i lavori dentro l’azienda, tranne il macellaio. Nel suo pensiero, per non fare la vita di sacrifici che ha fatto lui e per apportare un salto di qualità, avrei dovuto sostituire i numeri all’esperienza“. Ci piace iniziare questa storia di successo made-in-Abruzzo con le parole di Francesco Iubatti, oggi alla guida di una delle più importanti realtà nazionale nel settore della lavorazione della carne: parliamo di SOALCA S.r.l. più nota con il marchio commerciale Jubatti carni.
Fondata nel 1945 da nonna Gabriella a Guardiagrele (CH), un antico borgo nel cuore del Parco Nazionale della Majella in Abruzzo, con l’acquisizione delle attività dell’ex Molteni Carni in Piemonte e la costituzione di Juvica S.r.l. – insieme all’azienda veneta Vicentini Carni – ha fuso esperienze e capacità produttive di tre affermati protagonisti del settore carni in Italia, ottenendo così una capacità distributiva nazionale. Un’azienda che ha conservato lo spirito di unità e coesione familiare e il rispetto per la tradizione, lanciandosi però in progetti tecnologici di avanguardia che avranno un ruolo da protagonista nell’intercettare tendenze e direttrici di consumo dei prossimi anni.
L’evoluzione da bottega a impresa orientata al mercato è avvenuta da una generazione all’altra, con l’impulso decisivo dato da Carlo (papà di Francesco) e Gianfranco Iubatti (lo zio, che ancora oggi gestisce la macelleria storica a Guardiagrele e l’adiacente negozio di antiquariato): dopo aver acquisito esperienza nel settore, hanno trasformano la macelleria in ingrosso di carni, e poi, gradualmente, con l’inserimento della terza generazione, in un’affermata industria di trasformazione e di lavorazione.
“L’intuizione che ci ha fatto svoltare è stata quella di realizzare a fine anni Novanta il nucleo produttivo di oggi“, ci racconta Francesco. “Ciò ci permise di dare una risposta pronta a ciò che il mercato cercava. Con il declino della piccola distribuzione organizzata e l’avvento delle grandi catene, accompagnato alla carenza di manodopera specializzata, c’era bisogno di qualcuno che potesse sopperire con prodotti di qualità, pronti e già lavorati”.
“Un altro enorme salto in avanti lo abbiamo fatto conoscendo l’imprenditore piemontese Molteni, per me lo Steve Jobs della carne“, continua, “che ci ha fatto capire l’importanza di un nuovo modello di aggregazione di imprese, sempre nel rispetto dell’appartenenza territoriale. Quando quella realtà andò in declino, per mancanza di continuità generazionale, non ci abbiamo pensato un attimo a rilevarne gli attivi e a creare una nuova dimensione di azienda, che ci permetterà di essere più forti anche fuori l’Italia“.
Oggi per il Gruppo Jubatti lavorano oltre 300 persone, tra diretti e indiretti, considerando anche Villa Estea, la splendida location per eventi e cerimonie sulla Costa dei Trabocchi, gli impianti da sci alla Maielletta e un’azienda di logistica. Persone che, nelle parole di Francesco, “cerchiamo di far sorridere, offrendo loro sempre nuove opportunità, per mantenerli uniti e motivati“.
L’esperienza di oltre 70 anni ha garantito un impulso determinante allo sviluppo di un nuovo modello di produzione: ritmi industriali e artigianalità di processo si fondono per rispondere alle esigenze sempre più attente e sofisticate delle principali insegne della GDO, offrendo soluzioni “su misura” con riferimento a prodotti, packaging e servizi.
Un gruppo forte, quindi, che fa di concetti antichi e solidi come l’unità, la coesione, il rispetto per la qualità e la salubrità, valori fondanti del proprio business. Ma che è anche fortemente proiettata nel futuro. Come dimostra un innovativo progetto su cui sta lavorando grazie all’importante supporto tecnico e strategico della società Consulenza e Risorse (consulenzaerisorse.it), con sedi a Milano e Pescara: un “passaporto” digitale per la carne che garantirà la totale trasparenza della filiera, a beneficio del cliente e del consumatore finale.
Sfruttando le potenzialità di alcune tecnologie brevettate di ultima generazione – quelle della “blockchain”, una sorta di registro digitale condiviso, univoco ed immodificabile – si potrà individuare l’origine unica dei prodotti e si potranno catalogare, creando per ciascuno di essi un’impronta digitale, grazie a prelievi e analisi nel tempo. In questa prima fase del progetto sono stati individuati alcuni bovini, a cui saranno applicati dei chip nel momento di arrivo nelle stalle. Da qui in poi tutte le fasi, incluse la macellazione, la lavorazione, il packaging e il trasporto a temperatura fino ai canali di distribuzione, saranno sempre tracciate con l’assegnazione finale di un “passaporto digitale”, certificato tramite blockchain.
“Il rapporto tra consumatore e carne è cambiato“, ci spiega ancora Francesco Iubatti. “Una volta“, prosegue, “era gestito dal macellaio: si andava dal proprio nome di fiducia e ci si affidava a lui. Dopo lo scandalo Mucca Pazza, questa fiducia è crollata. Il consumatore, negli anni, ha iniziato a guardarsi di più in giro, a orientare i propri consumi, a interrogarsi sull’origine della carne che mangia“.
Secondo uno studio condotto da IBM in collaborazione con la National Retail Federation (NRF), il 79% dei consumatori è attento ad acquistare prodotti sani e di qualità, per i quali è disposto a mettere da parte le logiche del prezzo più conveniente in favore di brand che producono secondo valori, quali trasparenza, sostenibilità e coerenza. E, per avere la certezza che quello che sta acquistando risponda alle sue aspettative, si informa sull’origine e sulle qualità organolettiche degli alimenti, tenendo conto delle certificazioni di provenienza dei prodotti e della loro tracciabilità lungo tutta la filiera.
“Con questo progetto vogliamo portare il dato al centro di tutto, fornendo gli strumenti corretti per interpretarlo“, conclude Francesco. “La tecnologia blockchain – con i suoi “anelli” aperti, univoci e immodificabili – rappresenta un modo nuovo per costruire e garantire questa consapevolezza del consumatore sulle caratteristiche del prodotto in primis: saranno disponibili una marea di informazione, da cosa ha mangiato l’animale, ai controlli effettuati, alla temperatura di trasporto, all’identità dell’allevatore, la sua geolocalizzazione, la quantità di CO2 emessa, e così via. Tramite un QR code apposto sull’etichetta, a seconda del proprio profilo, si avrà accesso ad una serie di informazioni utili: alla fine, in futuro, si mangerà forse meno carne, ma senz’altro di maggior qualità!”