«Mio nonno ha iniziato in una stanzetta grande pochi metri quadri», racconta Andrea Di Cintio, mentre indica il perimetro dell’ufficio di amministrazione che si trova al terzo piano di via Sant’Andrea, ad Avezzano, nello stabile che oggi ospita il reparto di produzione di uno dei più grandi centri di lavorazione della carne in Abruzzo. La Euro Cash, che Andrea gestisce insieme a suo fratello Giuseppe e alla sua famiglia, si occupa di macellazione, vendita all’ingrosso e al dettaglio di carni, con allevamenti di proprietà in Ungheria e Romania e altri a contratto in Italia e in Europa. Circa 80 sono i dipendenti, di cui più della metà donne, che lavorano annualmente circa il 30% di tutta la carne macellata in regione.
Un processo, quello della lavorazione e vendita della carne, che i Di Cintio seguono per l’intera filiera, dal capo di partenza fino alla distribuzione finale, che in buona parte avviene atttraverso diversi supermercati di proprietà (a marchio Conad) sparsi in tutta la Marsica, da Capistrello a Civitella Roveto, Magliano de’ Marsi, Trasacco e Tagliacozzo. Una storia di successo che, come tante, ha dovuto superare duri ostacoli.
«Nonno Pietro è nato nel 1916 a Castellafiume. Insieme a mia nonna, Gina, da giovane aprì un minimarket nella piazzetta storica del paese», prosegue Andrea. «Ebbero cinque figli. Hanno lavorato tanto. Dopo qualche anno, dietro al negozio misero anche la macelleria. Prima erano altri tempi, gli animali venivano macellati sul retro del negozio, così il sangue finiva direttamente nel fiume. Per cose del genere, al giorno d’oggi si finirebbe in galera!»
Sorride e va avanti nel racconto: «Nonno si riforniva di merce ad Avezzano. All’epoca per fare su e giù si impiegavano tempo e risorse. Al piano terra conserviamo ancora il suo attestato, l’onorificenza conferitagli dal presidente Pertini: ne andava fiero. Era il riconoscimento al lavoro di una vita, che era riuscito poi a trasmettere ai suoi figli e anche ai nipoti».
Una volta ad Avezzano sull’attività di famiglia hanno investito i figli Claudio e Elio. «Dal 1992 al ’96 fu costruita la muratura che oggi è la struttura di via Sant’Andrea. Erano gli anni in cui bisognava scegliere di mantenere un’azienda a capacità limitata o se fare un investimento importante e realizzare un mattatoio che rispettasse le norme della Comunità Europea. Scegliemmo l’investimento più grande e ci lanciammo in un mercato che sapevamo già per esperienza fortemente in espansione».
Andò tutto bene fino a quando arrivò il morbo della mucca pazza e poi la diossina per i suini. Ci fu un crollo vertiginoso. Nel 2002 chiudemmo la società. Io ero solo un ragazzo, avevo circa 19 anni e mi ricordo lo sconforto di mio padre, di mio zio.
Proprio dalle “ceneri” di quella prima esperienza imprenditoriale arriva subito dopo Euro Cash. «Il nome viene proprio dalla “voglia di Europa” che si aveva in quegli anni», prosegue Di Cintio, «da lì ricominciammo. Aprimmo una nuova società, ci rimboccammo le maniche e ripartimmo».
7 Luglio 2015. Ore 9.30. Le fiamme, il fumo, il timore che stavolta era davvero finita. Un incendio enorme avvolge Eurocash.
Era una mattina come un’altra. Di Cintio era nella sua azienda con i suoi dipendenti. Il veterinario, c’erano tutti. All’improvviso prende vita un incendio. Partiva dai pannelli.
«Sono stati minuti che però sono sembrati un’eternità», inizia a raccontare, «io ero dentro. Con me persone che qui dentro ci lavorano da una vita. Ricordo il fumo. La paura. Stavo in macellazione. Ho pensato solo agli estintori. Ne ho usati sette. Sapevo che il fuoco una volta arrivato ai pannelli avrebbe distrutto tutto. Poi altri cinque estintori a Co2. Mi mancava l’aria. Il veterinario Camerlengo, che da anni è attivo anche nella Croce Rossa, continuava a gridare: “Spegni il gas, Andrea corri a chiudere il gas!”.
Dentro c’erano le bombole.
Sono riuscito a fare tutto. Nella testa c’era il ricordo di un’azienda vicina che con un incendio aveva perso tutto. Poi mi sono sentito afferrare da dietro. Un mio dipendente mi ha preso di forza e mi ha buttato fuori. Mi girava la testa, avevo respirato troppo fumo. Sono arrivati i vigili del fuoco. Hanno spento tutto. Sono stati bravissimi e non smetterò mai di ringraziarli. Io sono stato portato in pronto soccorso. Ricordo ancora il giorno dopo i titoli sui giornali».
Stavolta sembrava davvero la fine. E invece no. Perché nella vita si inciampa, si cade. Ma è allora che il bravo imprenditore si rialza e si rialza, più forte di prima. E così hanno fatto i Di Cintio: Andrea, suo padre, suo zio e il fratello Giuseppe, e tutta la famiglia, tutti giù, coesi e a testa bassa, con umiltà e determinazione. Perchè è solo così che si possono fare grandi cose. Anche partendo da un ufficetto sperduto nel ventre della Marsica…
(Si ringrazia la giornalista Magda Tirabassi per aver fornito buona parte del materiale per questa storia)