Tagliacozzo. Ho visto l’arrivo della penultima tappa del Tour de France. In testa una dozzina di fuggitivi, il gruppo (mi piace il francese “pelotòn”) procede sornione. Molti chilometri prima del traguardo si stacca un bravo ciclista sloveno. In breve guadagna una quarantina di secondi sugli altri. Sarebbe facilissimo per loro recuperare quel distacco, dandosi il cambio in un breve inseguimento.
Invece già 20 chilometri prima dell’arrivo i ciclisti cominciano a studiarsi, a marcarsi, a pedalare guardando più indietro che avanti, a rallentare fin quasi a fermarsi per controllarsi reciprocamente mosse e intenzioni. Così lui può continuare la sua corsa solitaria, quasi fosse una “cronometro”.
Quando si trova ormai nei pressi del traguardo, il ciclista si volta incredulo: gli viene da ridere non solo per la soddisfazione della sua impresa, unisce le punte delle dita di una mano, le dirige verso l’alto e si gira quasi a chiedersi “dove stanno, che è successo”?
Alla fine può vincere incontrastato, senza antagonisti. I “pursuivant” arrivano dopo oltre un minuto in ordine sparso, senza essere capaci di organizzare neanche una volata per il secondo posto.
I latini dicevano “qui habet aures audiendi audiat” (chi ha orecchie per intendere…); a Tagliacozzo, più prosaicamente, “gli aseni litigano e le cupelle se sfasciano”.
E’ quello che, fuor di metafora, sta accadendo a Tagliacozzo in vista delle elezioni comunali di ottobre dove si registra una sostanziale stallo a circa un mese e mezzo dalla presentazione delle liste. Unica certezza è la ricandidatura del sindaco Vincenzo Giovagnorio, con la sua squadra più ristretta.
Per il resto, tardano ancora a trovare una forma di organizzazione e coordinamento le tante diverse “tribù”, tra cui le principali sono “Tagliacozzo unita”, con quel che resta intorno ai Montelisciani e ai Venturini, il gruppo che fa capo all’ex sindaco Maurizio Di Marco Testa, la destra di Benedetta Fasciani.
Se proprio vogliamo dare un fugace sguardo ai partiti, per quel che valga(no), troviamo un Pd, manco a dirlo, più che mai ambiguamente frazionato, la sinistra evaporata, la Lega alla ricerca di un referente, magari all’interno dell’amministrazione e, da notare, il M5s, maggior partito del nostro Parlamento, non pervenuto (né ora, né mai prima).