Luco dei Marsi. Colpi di arma da fuoco e proiettile contro l’auto che non si ferma all’alt durante un controllo della Forestale. E’ stata perforata la parte posteriore della macchina. Alla guida dell’auto, insieme a un coetaneo, c’era un giovane di Luco dei Marsi che alla fine è stato stato arrestato con l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale. Il giudice del tribunale di Avezzano ha sostenuto che il giovane non avrebbe riconosciuto i forestali in borghese e con l’auto civetta e il sostituto procuratore ha scarcerato l’indagato. Si tratta di Alessandro Ciocci che è stato sottoposto ad accertamenti clinici per verificare se avesse fatto uso di droghe mentre la Wolkswagen Golf su cui viaggiava è stata perquisita. Tutti i controlli sono però risultati negativi. L’episodio è avvenuto venerdì intorno a mezzanotte nella zona di via Roma. A un incrocio c’erano due agenti della Forestale in borghese che stavano eseguendo dei controlli nei confronti di tre avezzanesi. Alla vista della Wolkswagen Golf, uno dei due uomini della Forestale ha intimato l’alt. Lui però ha continuato la marcia e si è allontanato. Ha dichiarato di non essersi fermato perché gli agenti non hanno mostrato alcun segno di riconoscimento, come ad esempio una paletta. Inoltre erano in borghese e con una macchina civetta. A quel punto l’agente avrebbe sparato un colpo in aria. Subito dopo anche un colpi contro l’auto. Il proiettile ha perforato il portabagagli e poi è uscito dal vano finendo sul sedile posteriore, ma non ha raggiunto i due giovani che erano a bordo. Il conducente, difeso dall’avvocato Eleuterio Simonelli, a quel punto, dopo aver visto le scintille all’interno della macchina, ha frenato. Il sostituto procuratore della Repubblica di Avezzano, Maurizio Maria Cerrato, dopo il fermo ha disposto gli arresti domiciliari ma subito dopo ha rimesso il giovane, incensurato, in libertà. Secondo il giudice per le indagini preliminari che ha convalidato l’arresto, Paolo Andrea Taviano, il fatto che gli agenti erano in borghese e senza paletta e il fatto che «il fermo è stato intimato in una zona malfamata notoriamente frequentata da soggetti dediti al traffico di stupefacenti, avrebbe creato nell’indagato uno stato di paura». Secondo il gip, inoltre, «gli agenti avrebbero dovuto tentare di farsi riconoscere prima di far ricorso alle armi».