Avezzano. Sette anni di processo con l’accusa d spaccio di sostanze stupefacenti in concorso con altre persone. Alla fine sono stati assolti per non aver commesso il fatto. Si tratta di Fabio Taccone e Mustapha Assinate, di 52 e 47 anni, di nazionalità italiana il primo e marocchina il secondo.
I fatti risalgono a gennaio 2011 quando i due rimasero coinvolti nell’operazione “Empty den” eseguita dalla compagnia dei carabinieri di Avezzano. Erano difesi dall’avvocato Roberto Verdecchia. I carabinieri traevano in arresto un cittadino di origine marocchina che riceveva ordini telefonici da parte di spacciatori marsicani di origine marocchina ed italiana attualmente rientrati in Italia e ristretti da pochissimo, a seguito della loro condanna definitiva (Bya Youssef e Petra Renata) da parte della suprema Corte.
I due imputati venivano coinvolti nella citata operazione unitamente ad altre diciannove persone (italiane e magrebine), seppur come posizioni minori, per cui entrambi subivano l’onta della carcerazione a seguito dell’ordinanza della dr. M. Proia del Tribunale di Avezzano del 17 settembre 2012, subendo la restrizione cautelare per circa un mese, nonostante che, dalle intercettazioni in atti già da subito si dimostrasse la loro estraneità ai fatti così come contestati.
Il tribunale di Avezzano, Gip Francesca Proietti, condannava il 28 aprile 2015 il T i due alla pena di otto mesi di reclusione oltre alla multa per Taccone, e sei mesi di reclusione oltre multa e l’espulsione dal territorio italiano per Assinate, sentenza confermata in sede di appello da parte della Corte di Appello territorialmente competente in data 30 gennaio 2017 che tuttavia escludeva l’espulsione dal territorio italiano nei confronti del magrebino, non riconoscendo quindi la pericolosità sociale dello stesso, restituendo a questi la somma oggetto di iniziale sequestro.
La Suprema Corte, sezione III, investita del caso da parte del difensore dei due imputati, avvocato Roberto Verdecchia, provvedeva ad annullare la sentenza della Corte di Appello di L’Aquila dando tassative indicazioni alla Corte di Appello di Perugia alla quale rinviava il caso per un nuovo giudizio, e cioè ai fini di rivalutare le due posizioni in relazione alla nuova interpretazione normativa nei casi della cosiddetta droga parlata.
Fissato il nuovo giudizio davanti la Corte di Appello di Perugia, la stessa dopo aver nuovamente escusso uno degli operanti che condussero le indagini, in totale adesione all’indirizzo giurisprudenziale ed agli eventi fattuali verificatesi, ha inteso assolvere i due imputati con la formula piena per non aver commesso i fatti così come contestati. Una volta passata in giudicato la sentenza si aprirà per entrambi la richiesta del risarcimento per l’ingiusta detenzione per i giorni rispettivamente patiti sia nella forma di custodia cautelare e sia per gli arresti domiciliari scontati durante la fase preventiva del giudizio.