«Il Governo torni indietro sulla soppressione del Corpo Forestale dello Stato» così l’assessore all’Ambiente del comune di Avezzano, Crescenzo Presutti. L’annunciata intenzione del governo Renzi di sopprimere il Corpo Forestale dello Stato, ribadita con l’approvazione del DDL del ministro Madia da parte della Commissione Affari Costituzionali, «comporterà gravissime conseguenze sul fronte della tutela ambientale». «La cancellazione del Corpo Forestale Statale, che attualmente gestisce 130 riserve naturali tra le più importanti in Italia (Il Parco Nazionale d’Abruzzo, la foresta di San Antonio e Vallombrosa, l’Abetone, la Foresta di Tarvisio solo per citarne alcune), rappresenta un vero proprio regalo alle ecomafie e agli inquinatori ambientali – aggiunge Presutti -. In tutti questi anni la Polizia Forestale è stata di particolare aiuto ai magistrati che sono impegnati nelle inchieste sul traffico illecito di rifiuti. Grazie alla presenza degli uomini della Forestale, e alla loro profonda conoscenza del territorio, è stato possibile evitare numerosi disastri ambientali. Quasi due secoli di storia di un Corpo umile e silenzioso, impegnato con professionalità nella salvaguardia dell’ambiente, vengono spazzati via da un disegno di legge non condivisibile, il quale non porterà ad alcun reale risparmio in termini economici. I dipendenti del corpo, infatti, verranno riuniti alla Polizia Statale. Piuttosto si corre il serio rischio di perdere importantissime competenze e conoscenze specifiche legate al territorio e all’ambiente. La soppressione del Corpo Forestale si colloca nel solco di quelle riforme dettate dalle leggi del mercato – conclude Presutti -, che limitano l’intervento pubblico a quanto strettamente richiesto dal loro funzionamento e dalla pubblica compassione. Siffatta riforma, al pari delle altre (soppressione Tribunali, Ospedali, Trasporti), manifesta l’idea che l’élite finanziaria dominante ha del Welfare State: una costosa manifestazione della pietà umana. Tale visione dello Stato è assolutamente da respingere, perché – con le parole di uno dei suoi ispiratori, Tommaso Padoa Schioppa – è volta ad “attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità».