L’Aquila. Smarriti due cuccioli di orso dalla mamma. Mamma orsa, che si è spinta troppo vicino ad un paese del parco con i suoi cuccioli, è stata rincorsa con la macchina e a piedi da alcuni turisti, fino a disperdere due dei tre piccoli. Sono state ora avviate le ricerche per gli esemplari d’orso, smarriti e spaventati dall’inseguimento dei turisti. Una storia che porta però a riflettere sui comportamenti dell’uomo nei confronti dell’orso, in particolare in caso di incontro ravvicinato.
“Cosa sembra? Cos’è veramente?”, scrive il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise a tal proposito, “siamo così convinti che i nostri comportamenti siano innocui che a forza di rincorrere orsi con la macchina e a piedi, per fotografarli e postarli, non ci rendiamo assolutamente conto dei danni che possiamo procurare”. Nel caso dei due cuccioli smarriti, infatti, il parco spiega che “i video al solito sono diventati virali, ma nessuno si è reso conto di ciò che è accaduto veramente. Ora si sta lavorando per il ricongiungimento. Lo abbiamo scritto e ripetuto in centinaia di post: godersi un avvistamento da lontano è una grande fortuna, inseguire a piedi o in macchina è estremamente dannoso. Postare immediatamente un video di orso in paese, significa richiamare tanta folla sul posto in mezzo alla quale c’è sempre la possibilità che qualcuno non si comporti nel modo giusto e ostacoli il normale comportamento dell’orso”.
“E questa foto? E’ una foto! Una semplice, ma spettacolare foto di orso, fatta questa estate, nel parco, dal bordo della statale 83. Quanti vorrebbero fare una foto così?”, precisa il parco, “oggi il nostro quotidiano è scandito da momenti in cui dobbiamo fotografare tutto quello che ci succede e postarlo, per farlo vedere agli altri, conoscenti e amici e per essere gratificati dagli eventuali like. Non riusciamo più a vivere senza condividere le cose, dalle più banali a quelle più serie ed importanti. Si potrebbe dire che è gratificante condividere. Gli studi, infatti dicono che il solo pensiero di condividere attiva i centri di ricompensa del nostro cervello, anche prima che abbiamo fatto qualcosa”.
“Inoltre”, continua, “condividere rimanda alla nostra stessa immagine: il 68% delle persone afferma di condividere per dare agli altri un senso migliore di chi sono e di cosa si interessano. Nel nostro caso però, la foto in questione è stata fatta ad un animale selvatico, quindi un vero scoop, che così entra in fatto, e suo malgrado, all’interno di questi meccanismi umani appena citati. Ora sarebbe bello, immaginare che la scoperta di un animale simbolico e affascinante come l’orso, anche attraverso una semplice foto o un video, portasse le persone a chiedersi chi è l’orso, come vive e di cosa ha bisogno e cosa lo disturba. In pratica a informarsi e scoprire di più di chi si ha avuto l’onore di avere di fronte. Allora sì che le foto o i video diventerebbero un ottimo strumento di conoscenza e perché no di crescita culturale. Invece quello che accade è la smania di fotografare “l’oggetto misterioso” e di dire io ho potuto farlo”.
“Nel caso della foto in questione”, precisa, “però ci sono anche altri aspetti da non trascurare, oltre a quanto appena detto. La sicurezza per esempio. Non conoscere l’etologia di questo animale ha permesso a questa signora di avvicinarsi oltremodo, senza sapere che sarebbe potuto essere molto pericoloso, non perché l’orso è un animale aggressivo, ma perché avrebbe potuto interpretare male l’avvicinamento e sentendosi minacciato, attaccare. Anche qui qualcuno potrebbero obiettare: “ma dalla foto l’orso sembra tranquillo”. Gli studi dicono che anche dietro ad una apparente tranquillità può nascondersi un forte stress. Quando si tratta di animali selvatici, l’orso per l’esattezza, importante patrimonio di tutta l’umanità, per il quale il Parco sta facendo tutto il possibile per strapparlo all’estinzione, dovremmo pensare a tutti i possibili risvolti delle nostre azioni, anche se motivate da curiosità ed entusiasmo. L’orso non deve diventare un oggetto del nostro irrefrenabile desiderio di “possedere”, conclude, “piuttosto diventiamo consapevoli dell’importanza di conoscerlo e quindi di rispettarlo. Cambiamo approccio e dimostriamo di saper convivere con gli orsi”.