Avezzano. Sicurezza nelle scuole, interviene il comandante della Polizia Locale Luca Montanari in risposta alle richieste di un docente. “Le statistiche affermano che sei bambini su dieci, coinvolti in un incidente stradale a bordo di un’auto, muoiono o restano feriti gravemente”, ha commentato Montanari, “il vero dramma è che molte di queste tragedie sarebbero evitabili, se i bambini indossassero le cinture di sicurezza o fossero seduti sul seggiolino, come prevede il codice della strada. Sempre le statistiche ci dicono che la buona parte degli avvenimenti si registra nei centri abitati e, specificamente, sui tragitti “casa-scuola”, ove accompagnatori sempre più irresponsabili non esitano a sacrificare la sicurezza dei loro ragazzi nel nome delle più stupide giustificazioni. Il fenomeno è tanto più riprovevole quanto ahimè minimizzato, che persino “striscia la notizia” ha deciso, attraverso una serie di recentissimi servizi, di suonare un campanello di allarme per tentare di sollecitare le coscienze e indurre tutti a comportamenti più responsabili. Ma la cosa triste, cui neppure “striscia la notizia” ha pensato di dovere fare i conti, è che questo fenomeno di grave malcostume tutto italiano è pure capace di trovare degli accaniti sostenitori, imprudenti a tal punto da non riuscire neppure a valutare le pesanti ripercussioni che potrebbero derivare dalle loro parole, soprattutto in termini educativi. Ma per meglio comprendere torniamo un poco indietro nel passato. Un tempo, mentre i genitori si recavano al lavoro, i bambini andavano a scuola da soli percorrendo tanta strada, d’inverno anche tra la neve. “Il vigile” prestava così servizio lungo i principali percorsi avanti e indietro con la bicicletta, fermandosi in ultimo nei pressi delle scuole per garantire a quei bambini lasciati a sé stessi, una presenza rassicurante concomitante al loro faticoso incedere. Oggi i bambini che vengono a scuola a piedi non si contano nemmeno su metà delle dita di quella mano cui lei faceva riferimento. Tutti in auto e tutti di corsa, prigionieri di accompagnatori frenetici ed incuranti anche delle più elementari norme di sicurezza e che non tollerano seccatori sulla propria strada, dove seccatore è pure colui che garbatamente gli fa notare che le cinture ai bambini vanno sempre allacciate, o di non parcheggiare sul marciapiede, o sugli attraversamenti pedonali dinanzi al cancello della scuola per non ostacolare il passo dei più indifesi. Ma allora, quale il ruolo di quel “vigile”, oggi nel terzo millennio? Ecco quindi alzarsi chi lo pretenderebbe in guisa un “utile idiota”, cioè di un comodo parcheggiatore che faccia affluire e defluire le auto il più veloce possibile da e verso la scuola, senza curarsi dei pericoli perpetrati sotto i suoi occhi. Già, perché questi sono gli unici obiettivi che contano. E tanto contano che persino qualche esponente del corpo insegnanti sente il dovere morale e civile di uscire allo scoperto e difendere il “sacro principio” che è preferibile anteporre “… lo scorrimento del traffico”, al trasporto in sicurezza dei bambini. Oltretutto farcendo le proprie acute inferenze con le solite immancabili “frasi fatte” sulla repressione, sulla intempestività d’azione, sulla rigorosa assenza delle forze dell’ordine dai luoghi scomodi, sulla radicata indisponibilità (a commettere omissioni, ndr) e, perché no, sul “fare cassa” (forse questa le è sfuggita?). Probabilmente questa difesa generalizzata ed astratta dei trasgressori cronici varrà per lei e per qualcun altro, ma noi tutori dell’ordine a questo gioco al massacro dove la posta in gioco è la salute dei bambini, non ci stiamo! L’esperienza degli ultimi due anni, dove i citati fenomeni hanno avuto un’impennata impressionante, ci impongono un cambio di rotta con la bussola puntata verso la concreta tutela della sicurezza dei più deboli, finanche arrivando a sostituirci, se proprio occorre, a chi dovrebbe per primo pensare a loro e non lo fa. E la sicurezza dei bambini non può essere barattata, neppure per un istante, con quel malinteso senso della “elasticità”, in ossequio del quale tutte le infrazioni dovrebbero trovare un punto di arresto nel nome del principio tutto italiano de … la legge si può interpretare. È bene quindi sapere, che per espressa previsione di legge, quella che lei chiama “repressione” altro non è che “prevenzione speciale”. Infatti, la visibile concreta applicazione di sanzioni afflittive immedesima quel potere dissuasivo verso chi manifesta una certa tendenza a commettere un qualsiasi fatto nocivo. Mi comprenda. “Prevenire”, non significa sostituire con un bel rimbrotto il verbale che sarebbe dovuto in seguito all’illecito già accertato, perché questo realizzerebbe una “omissione in atti d’ufficio”. È proprio in via amministrativa che la legge effettua, con la sanzione “meno grave”, la tanto celebrata prevenzione per, appunto, prevenire fatti ben “più gravi” come sarebbero le lesioni fisiche a quei bambini lasciati indifesi dentro le auto. Detto ciò, dopo aver ricevuto la sua bella lezione di “buon senso”, la invito ora ad interrogarsi sul perché l’Italia è l’unico paese dell’unione europea ad avere fallito l’obiettivo di dimezzare i morti e feriti da incidente sulla strada. In attesa che lei riesca a darsi una risposta, io intanto mi interrogherò su quest’altro avvincente argomento: perché anche la scuola italiana non svetta nelle classifiche europee?”.