Avezzano. Il teatro dei colori, centro di produzione, ricerca e pedagogia nello spettacolo, con la direzione artistica di Gabriele Ciaccia, presenta, al Teatro dei Marsi, i prossimi 26,27,28 aprile, “Drammaturgiche Visioni”, tra arte e ricerca per una scena futura. L’intento è quello di offrire una visione della materia teatrale a largo raggio, per riconoscere la globalità dei sistemi linguistici e realizzare un momento per aprire al sociale la cultura nelle sue varie forme. Le esperienze presentate in Drammaturgiche Visioni, ci ha detto Ciaccia, “mettono in evidenza la valenza degli itinerari artistici e l’approccio ai differenti processi, al fine di visualizzare l’incontro degli elementi costitutivi della presenza dello spettatore: parola, corpo, scrittura, musica, spazio e tecnologie, in una contestualizzazione storico stilistica”. Nella ricerca astratto teatrale del Teatro Dei Colori, immagini, video, oggetti, spazio scenico, sono co-protagonisti; simboli figurali e testuali, soggetti dell’azione stessa nelle modalità dinamiche e presenti. La tre giorni prevede incontri e dibattiti al mattino, alle 11.00, e in serata, alle 21.00, performance, concerti, proiezioni e spettacoli. Si comincia il 27 aprile con Paolo Totti (flauto) e Luigi Rodorigo (live electronics); a seguire Daniele Paoloni con “Come formiche”, un viaggio, con gli occhi di una formica, attraverso il disfacimento della realtà, la ricerca di un surrogato della stessa o il suo rovescio. Perché ci nascondiamo nelle pareti come formiche? Per evitare la vista dell’altro alla luce del sole? In chiusura di serata “Sincronie di errori non prevedibili”. Un corpo si muove in uno spazio vuoto, è qualcosa di fragile che sta per saltare. Voce, corpo e suono si inseguono con arresti complici e indisciplinati. Una fuga composta da picchi brevi ed improvvisi, errori non prevedibili in un involontario sbaglio di programmazione o comportamento originariamente non voluto. Errori di visualizzazione grafica, sfasamento degli eventi audio sono irregolarità che nei loro punti di contatto scandiscono accenti di un canto dimenticato, un commiato del corpo in continua sottrazione ed espansione; gli elementi materiali e la luce costituiscono l’apparato per la messa in scena che permette allo spettatore di entrare in contatto con un’esperienza mutevole. La luce dissolve spazio e tempo, genera uno spostamento prospettico, una scomposizione del piano della visione. Il 28 aprile ancora incontri e dibattiti al mattino, ed in serata, alle 21.00, si comincia con una ensemble di flauti di Toscanini, quindi Francesco Manetti con “Cancroregina”, un viaggio fantastico di un uomo disperato che, mentre medita il suicidio, si imbatte in uno sconosciuto che dice di essere uno scienziato in grado di arrivare sulla luna con l’astronave Cancroregina. L’uomo visita il mezzo e si convince a provare e a lanciarsi nello spazio; ma è proprio lì che lo scienziato pazzo lo ucciderà. Il viaggio diventa un’avventura senza fine in compagnia di un cadavere che continua a seguire l’astronave, un delirio costante dello scienziato, un continuo susseguirsi di domande, dubbi senza risposta, assenza e vuoto non colmato. Chiuderà la tre giorni “Io non so cominciare” del Teatro Rebis. In scena movimenti, vibrazioni, intensità in una materia deserta. Tre figure tratte per analogia dagli scritti di Danilo Dolci in uno spazio neurto, stanza del pensiero e della sensazione. Tre figure in un rapporto triangolare come i personaggi kafkiani, in un’interdipendenza fatale, mai esplicitata in contatti diretti, bensì risolta a distanza, per indifferenza. Tre facce della stessa medaglia, tre spigoli di un sentiero personale, tre linee di fuga. Sotto forma di squarci di memoria, assalti di attualità, proiezioni di desideri, vengono svelate le contorsioni di una coscienza in precipitazione lenta. Il festival, ci dice ancora Gabriele Ciaccia, in una tre giorni sperimentale, “vuole aprire il fronte delle nuove ricerche ed incontrare artisti che si stanno imponendo sulle scene nazionali ed internazionali. Studi e linguaggi si incontrano alla scoperta di diverse forme di drammaturgia, di struttura scenica, di composizione, di spettacolo, di performance, di creatività, attraverso suoni che sono spazio, immagini che sono corpo, voci che sono sculture”. Interesante, coinvolgente, sorprendente, assolutamente da non perdere. Gianluca Rubeo