Avezzano. È l’appello disperato di una madre, che ieri poemriggio si è ritrovata a vivere una vera e propria odissea, per ottenere una trasfusione di sangue per la figlia disabile. “Non è possibile che gli operatori sanitari si ritrovino in un pronto soccorso a lavorare in quelle condizioni, con un solo medico, a correre tra decine e decine di pazienti che sono lì ad aspettare e che a volte perdono anche la pazienza prendendosela con loro”.
L’anziana, di un paese della Marsica, ieri mattina ha accompagnato la figlia che doveva essere sottoposta a un prelievo di sangue. Un controllo di routine. La ragazza, 36enne, è disabile e va controllata regolarmente affinché determinati suoi valori nel sangue non si abbassino. Rischierebbe la vita.
Proprio mentre la ragazza veniva accompagnata a casa, sulla strada del ritorno, è arrivata la chiamata dal centro analisi.
“Sua figlia ha bisogno urgentemente di una trasfusione di sangue, mi diceva la voce dell’operatore sanitario al telefono”, racconta la madre, “mi sono spaventata. Da lì abbiamo iniziato a correre. Ci siamo preparati e ci siamo precipitati in ospedale. Ad Avezzano. Il prelievo era stato eseguito a Pescina. Quando siamo arrivati al pronto soccorso ci hanno detto che dovevamo aspettare. Era caldissimo. Mia figlia è rimasta in attesa sulla sedia a rotelle per oltre sette ore. È assurdo. Abbiamo aspettato con la paura che potesse non farcela. Era a digiuno dal mattino per via delle analisi. Aveva bisogno di assistenza nell’igiene e abbiamo dovuto fare tutto dentro al pronto soccorso mentre aspettavamo”.
“La cosa più brutta è stata vedere infermieri e tutti gli altri operatori sanitari disperati che correvano da una parte all’altra. Mi sono lamentata della gestione e mi hanno detto: ‘Qui è sempre così’. Ma come è possibile mi chiedo? Come è possibile lasciare un ospedale, un pronto soccorso, in mano a pochi operatori che evidentemente non ce la fanno a gestire tutto?”.
Alla fine la ragazza ha avuto la sua trasfusione. È stata dimessa intorno alle quattro del mattino.
“Io non me la prendo con chi in tutti modi cercava di fare il più possibile”, conclude la madre, “me la prendo con chi lascia che questo accada. Con i dirigenti, la politica. Con chi può decidere e agire e non lo fa. Il mio è un appello. Quella che ho visto ieri al pronto soccorso non è la Sanità che merita la Marsica”.