Avezzano. “L’operazione della finanza ha portato al sequestro di somme pagate al fine del mantenimento delle figlie minori e alla corresponsione di ratei di mutuo relativo a un immobile sul quale le stesse bambine hanno un pieno diritto di abitazione e il mancato pagamento di tale debito avrebbe causato la perdita della casa, oggetto, inoltre, del sequestro”. E’ quanto afferma Massimo Pacilli, l’imprenditore marsicano che si è visto sequestrare dalla finanza oltre mezzo milione di euro e che non si definisce più “imprenditore del settore petrolifero da vari anni” e che sostiene di non risiedere in Italia”.
“Per gli inquirenti il versamento di somme alla madre dei propri figli, considerato che non intercorre né un rapporto di coniugio e tanto meno una convivenza, di un assegno mensile di mantenimento è “Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte” ed ancora più risulterebbe reato il pagamento di fatture delle utenze relative alla abitazione dove risiedono le minori, senza voler ragionare sul fatto che una donna che riceve un assegno di mantenimento possa aver commesso il reato di riciclaggio.
La commissione di un reato si instaura nel fatto di voler mantenere le proprie figlie e pagare, per il tramite della loro madre, le “bollette” della luce e del gas.
Le somme versate non sono assolutamente servite all’acquisto di auto di lusso ma solo ed esclusivamente a vantaggio di bambine minorenni.
Nessun comportamento è stato posto in essere al fine di eludere o sottrarre somme ad una esecuzione di Equitalia in quanto si parla di una cartella esattoriale del lontano 2010 relativa a verifiche fiscali del 2001-2003, ed è inspiegabile come solo oggi diventa reato pagare le “bollette” dell’abitazione delle proprie figlie.
Deve essere, inoltre, precisato che già un immobile dal 2013 è oggetto di aggressione per la stessa cartella esattoriale sia in sede penale che civile, e per la stessa cartella si aggrediscono, oggi, altri beni di ingente valore.
Nelle opportune sedi giudiziarie”, conclude Pacilli, “sarà data prova, prima ancora dell’inesistenza delle accuse avanzate dagli inquirenti, della errata esecuzione dello stesso decreto di sequestro emesso dalla dottoressa Maria Proia che disponeva in capo alla società un blocco per l’importo pari a 99mila euro che è stato trascritto su un immobile di ingente valore per la diversa somma di 475.741 euro, creando enormi danni. A questo punto sarebbe interessante capire se è stato un mero errore del Pm richiedente o della Guardia di Finanza, come esecutore materiale, o diversamente una espressa volontà.
Solo a titolo di cronaca si precisa che il sottoscritto non è più imprenditore del settore petrolifero da vari anni ed ancora di più non risiede in Italia.