Avezzano. Considerata l’astro nascente del jazz mondiale, Sarah McKenzie, cantante e pianista di origini australiane, lo scorso venerdì 2 dicembre, si è esibita presso il Teatro dei Marsi di Avezzano per una serata dedicata all’insegna del grande jazz. In occasione del sesto appuntamento in calendario, la bravissima artista, trenta anni ancora da compiere, ha incantato il pubblico numeroso presente in sala con un concerto di rara eleganza. Sicura di sé e dotata di una voce sensuale e raffinata, la giovane musicista ha dimostrato di non avvertire, affatto, la pressione che l’accompagna in questa prima parte di carriera. Definita da James Morrison “un prodigio musicale, in grado di far venire voglia alle persone di suonare jazz”, Sarah non mira a emulare nessuno degli artisti che l’hanno influenzata, ma, piuttosto, a ritagliarsi uno spazio tutto suo all’interno del panorama jazz mondiale. Posizione che, senza timore di sbagliare, possiamo tranquillamente affermare che le spetta di diritto.
Accompagnata dal chitarrista Jo Caleb, posizionato al centro del palco, Geoff Gascoyne al contrabbasso e l’italiano Marco Valeri alla batteria, ha proposto un jazz classico, di chiaro stampo statunitense, in cui ogni musicista ha il suo peso all’interno dello show senza, però, risultare mai invadente con virtuosismi eccessivi. Nell’ora e mezzo a disposizione ha alternato a pezzi inediti, tratti dal disco “We Could Be Lovers”, e cover di alcuni artisti che l’hanno spinta a intraprendere questa carriera (frutto, come lei stessa ha dichiarato ai nostri microfoni a fine concerto, di una grande passione ma anche di grande determinazione e della volontà di farsi strada con la propria musica). Il numeroso pubblico accorso le ha tributato applausi convinti dall’inizio alla fine dell’esibizione, dimostrando di gradire la proposta artistica ma anche l’umiltà e la grande simpatia con cui Sarah McKenzie, giovane stella del jazz mondiale, ha approcciato a un concerto che l’ha vista uscire di scena trionfante. Di seguito, una breve intervista che Marsicalive è riuscito a strapparle al termine dello show.
Suoni spesso in Italia, ma qual è il tuo rapporto con il nostro paese? C’è qualche artista italiano che ha influenzato la tua musica?
E’ vero, non è la mia prima volta qui. L’Italia è uno tra i miei paesi preferiti, amo la sua gente, il cibo, la moda. Il vostro stile di vita, insomma, e devo dire che ogni volta che vengo qui mi trovo sempre a mio agio. Si, devo anche ammettere che ci sono molti artisti italiani che mi hanno influenzato, anche se cerco sempre di avere un mio stile personale.
Nonostante la tua giovane età, hai avuto modo di suonare in ambienti molto diversi tra di loro, soprattutto in termini di grandezza. In quale location ti trovi più a tuo agio? Il piccolo club, molto intimo e dove il contatto con il pubblico è immediato, oppure in teatri o festival all’aperto dove, però, questo tipo di feeling è meno presente?
In realtà mi piace suonare in ogni ambiente e in ogni paese a prescindere dalle dimensioni. Quando sono in Italia è fantastico e per di più il pubblico è meraviglioso e molto affettuoso. In fin dei conti non ho una location preferita, mi piace vivere il momento e tutto ciò che ha da offrirmi.
Tra le caratteristiche principali del jazz, c’è la forte appartenenza, da parte dei musicisti, alla propria terra d’origine. In che modo la tua terra, l’Australia, ha influenzato il tuo modo di fare jazz?
Sono nata in Australia, un luogo molto distante da qui, in cui la musica che viene suonata, ma anche ascoltata, è principalmente americana. Io sono molto legata alla mia terra, anche se le esperienze professionali di questi anni mi hanno allontanata da essa. Questo, però, non incide sul mio approccio al genere perché ciò che mi spinge a fare musica è la grande passione e la volontà di esprimermi. Cerco di lasciarmi influenzare il giusto e allo stesso tempo di trovare una mia via personale. Federico Falcone