“Prima o poi metteranno una tassa anche sull’aria che respiriamo”. Questa è sicuramente una delle espressioni più comuni con cui gli italiani amano chiudere le discussioni di politica. Ma non sarebbe curioso se, in questo periodo di profonda crisi finanziaria e nel bel mezzo della moda hipster, venisse di nuovo istituita la tassa sulla barba? Il 5 settembre 1698 Pietro il grande istituì una tassa sulla barba che durò per oltre settanta anni. Al pagamento veniva data una moneta in metallo chiamata “gettone della barba” che doveva essere tenuta in tasca ed esibita a ogni controllo. Per chi non esibisse questa moneta era prevista la rasatura immediata sul posto da parte delle guardie. Il sovrano, ovviamente, ammise delle eccezioni: sacerdoti, monaci e contadini, ma questi ultimi erano esenti solo se rimanevano nelle campagne, in città erano tenuti come gli altri a versare la “tassa sulla barba”. Certo una tassa sulla barba oggi rimetterebbe in sesto le finanze pubbliche, soprattutto se pensiamo che la legge di Pietro il grande, da bravo comunista, prevedeva che chi la portava doveva pagare un balzello, proporzionato in base al reddito e alla posizione sociale. Ecco, pensiamo solo a tutti i calciatori con la barba ed avremmo già pronte le risorse per una nuova finanziaria a costo zero per le classi meno abbienti. Una curiosità: su un lato del gettone vi era incisa la scritta “La barba è un peso superfluo”. Nel filmato che segue c’è anche un celebre abruzzese che la pensa così… @francescoproia