Era una notte tranquilla, il cielo brillava di stelle. Maria e Giuseppe due agricoltori del Fucino stavano irrigando un vasto campo dalla terra marrone caffè, ricco di buone verdure. Maria era incinta, e aspettava il suo primo bambino, che non sarebbe stato come tutti gli altri e lo avrebbe chiamato Gesù. Tutto ad un tratto, Maria iniziò a sentirsi male; Giuseppe piano piano la portò in un ripostiglio pieno di attrezzi: in fondo a sinistra c’era uno scaffale marroncino e mal ridotto, pieno di cacciaviti e bulloni arrugginiti, a destra in un angolo tavole di legno marrone cammello spezzate e, in mezzo un vecchio trattore. Giuseppe adagiò Maria sotto il trattore e, mordendosi le unghie e pieno di sudore chiamò un dottore. In pochi minuti il dottore arrivò e iniziò a far partorire Maria, che aveva i capelli dritti e sudava a freddo. Era giunto il grande momento: Gesù era nato. Aveva gli occhi dolci e lucidi, il naso a patata piccolo e tenero, la bocca che sfilava un pacifico sorriso e il piccolo corpo sdraiato sulle braccia di Maria che lo adagiava cullandolo mentre nel cielo scuro come la pece comparve Venere come per annunciare la nascita di Gesù. Man mano la notizia si sparse. In fondo al campo si vedevano arrivare un lavoratore delle fabbriche, un contadino un insegnante e un pastore di pecore. Piano piano il lavoratore delle fabbriche con un giocattolino in mano si avvicinò a Gesù e gli disse che le fabbriche stanno chiudendo ed è rimasto senza lavoro e di accettare il piccolo giocattolo che gli ha portato. Infatti, nella Marsica molte fabbriche stanno chiudendo. Un po’tremolante, il contadino con un cesto di frutta in mano si avvicinò e disse a Gesù che suo figlio è un delinquente e ha bisogno di aiuto e di accettare il suo misero cesto di frutta. Infatti nella Marsica c’è molta delinquenza. Con il viso rosso e gli occhi lucidi l’insegnante si avvicinò a Gesù con un libro in mano e gli disse che i suoi alunni non vanno d’accordo e se poteva farli essere tutti amici. Un po’ teso e pensieroso si avvicinò il pastore con della lana in mano e balbettando disse che suo figlio ha una cattiva alimentazione e che sta sempre più male e di accettare la lana delle sue pecore per fare una copertina. Dopo, tutti se ne andarono con dentro il cuore la speranza che i loro piccoli desideri si avverino.
Sara Cornelio, classe V A, scuola Vivenza Giovanni XXIII di Avezzano