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Concessione Fonte Primavera di Popoli, il Tar sospende bando della Regione: “stesse illegittimità”

Giulia Antenucci di Giulia Antenucci
16 Luglio 2019
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Canistro. Concessione Fonte Primavera di Popoli, il Tar sospende bando della Regione: “stesse illegittimità”.

Il Tribunale amministrativo regionale, con ordinanza del 5 luglio, ha sospeso il bando indetto nel maggio scorso dalla Regione Abruzzo, per l’assegnazione della concessione della sorgente di acqua minerale “Fonte Primavera” di Popoli, in provincia di Pescara: secondo i giudici amministrativi vi si ravvisano le stesse illegittimità, in particolare relative alla disponibilità delle pertinenze, ovvero lo stabilimento, che non permetterebbe ad altre imprese di concorrere, riscontrate nel bando precedente, del novembre 2018, anch’esso bocciato.

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 Il Tar questa volta impone all’ente la nomina di un “verificatore”, proveniente dalla Regione Emilia Romagna, con l’incarico di risolvere una volta per tutte il nodo degli spazi di pertinenza, di proprietà del Gruppo San Benedetto, che non sono stati inseriti nel bando: entro il termine di 60 giorni dovrà inoltre enunciare ai giudici amministrativi e alla Struttura della Regione Abruzzo quali sono i luoghi della concessione mineraria che possono essere ricompresi nella gara. L’udienza per la trattazione di merito è stata fissata alla data del 20 maggio 2020.

A renderlo noto è la società Santa Croce, ex concessionaria, fino alla revoca senza proroga da parte della Regione nel 2015, della sorgente Sant’Antonio Sponga di Canistro, oggi concessionaria della più piccola sorgente Fiuggino, ed interessata ad estendere ora la sua attività in Abruzzo. E’ stato lo stesso sodalizio del patron Camillo Colella a presentare ricorso al Tar alla luce della partecipazione al bando indetto dalla Regione Abruzzo. Ora, si allungano notevolmente i tempi per la definizione della vicenda. 

 Con l’ordinanza, infatti, la nuova procedura di gara è stata sospesa (già annullata nelle more del ricorso) e di fatto la struttura preposta della Regione Abruzzo è stata esautorata con la nomina di un soggetto verificatore della Regione Emilia Romagna. Ancora una volta, nonostante i correttivi suggeriti dal Tribunale amministrativo, viene precluso l’accesso alla gara ad altri concorrenti. In caso di aggiudicazione, non avrebbero infatti l’agibilità per realizzare le infrastrutture necessarie ad estrarre, imbottigliare e stoccare l’acqua, visto che sono presenti in loco le strutture dell’attuale concessionario, il gruppo San Benedetto, che utilizza le sorgenti dal 1988, con una proroga ottenuta per altri 10 anni nel 2008. Incerta resta poi la clausola sociale, che garantisce i sensibili sconti dei canoni di concessione (da 4 euro a 0,30 ogni mille litri di acqua), in cambio dell’eventuale riassunzione del personale già impiegato nel sito di Popoli: in tal senso, si addensano nubi sul futuro dei lavoratori. 

 La Santa Croce aveva già impugnato con successo il primo bando per la Fonte Primavera, indetto nel novembre 2018. La Regione ha proceduto così ad annullarlo, impegnandosi a confezionarne uno nuovo, che tenesse conto dei rilievi dei giudici amministrativi. Il nuovo bando, pubblicato il 17 maggio, è risultato essere però in realtà “una fotocopia”, “con gli stessi errori”, ad avviso dei legali della Santa Croce, Claudio Di Tonno, del foro di Pescara, e Matteo Di Tonno, del foro di Bologna, esperti a livello nazionale di diritto minerario. 

Da qui un secondo ricorso, depositato il 16 giugno scorso, coronato anch’esso da successo. A difendere le controparti, l’avvocato dello Stato Domenico Pardi, per la Regione Abruzzo, e Sergio Della Rocca, del foro di Pescara, per Acque minerali San Benedetto. Il Tar ha dato ragione alla Santa Croce, stabilendo di nominare un “verificatore” con il compito di individuare “all’interno di tutto il perimetro della concessione, le opere da ritenersi pertinenziali e quindi da ricomprendere nell’oggetto della concessione”, disponibili per altri potenziali concorrenti.  Il Tar arriva anche ad indicare il soggetto deputato a questo compito: il direttore del “Servizio Difesa del Suolo, della Costa e Bonifica” della Regione Emilia Romagna, o un funzionario di pari e idonea professionalità. L’iter in ogni caso viene interrotto, e le tempistiche per assegnare le sorgenti Fonte Primavera, ovviamente si allungheranno. 

 La Santa Croce ha già partecipato alla gara per l’assegnazione della sorgente di acqua minerale Valle Reale, anch’essa a Popoli e San Benedetto in Perillis, assieme all’attuale concessionario Gran Guizza che fa parte proprio del Gruppo San Benedetto. Bando indetto il 12 maggio del 2017, assegnato provvisoriamente a quest’ultima e con le procedure definitive che vanno a rilento. Sta partecipando, come in questo caso con Acque San Benedetto, al bando di gara per la sorgente Sant’Antonio Sponga, di cui è stata concessionaria. Il Tar, ha argomentato nell’ordinanza che quando si parla di “miniera”, bene indisponibile dello Stato, e che può essere data in concessione ad un privato, ci si deve riferire sia “all’aspetto statico di essa, cioè a un giacimento (una concentrazione di sostanza) coltivabile”, in questo caso l’acqua minerale della sorgente, ma “anche al suo aspetto dinamico, cioè alle attività di ricerca e coltivazione”. Ovvero lo spazio fisico in cui può avvenire lo sfruttamento del giacimento, con la possibilità di realizzare “le opere necessarie per il deposito, il trasporto e la elaborazione dei materiali, per la produzione e trasmissione dell’energia, ed in genere per la coltivazione del giacimento e per la sicurezza della miniera”.

Come prevede la norma vigente, infatti, “il nuovo concessionario ha diritto di servirsi delle opere degli impianti e delle altre pertinenze necessarie alla coltivazione”. Condizione che in tutta evidenza, osservano i giudici amministrativi, non si verifica nello spazio relativo alla sorgente Fonte Primavera, dove la San Benedetto, ha un suo capannone per l’imbottigliamento e lo stoccaggio, che non è di proprietà della Regione, e non può essere dunque messo a bando assieme alla sorgente. E che “può costituire un ostacolo al pieno e libero godimento della concessione da parte del nuovo concessionario, il quale entro il perimetro di essa deve essere pur sempre in grado di realizzare e utilizzare simili opere per la propria attività”. Del resto, si argomenta per assurdo, “se i vari concessionari che si succedono, proprietari di fondi all’interno dell’area di una concessione, realizzassero e ritenessero in modo indiscriminato vari stabilimenti, si arriverebbe comunque al punto che il nuovo concessionario non rinverrebbe alcun terreno libero per realizzare le strutture che la legge gli consente”.

 Infine il Tar elenca i quesiti ai quali il verificatore dovrà rispondere: individuare, all’interno di tutto il perimetro della concessione, le opere da ritenersi pertinenziali e quindi da ricomprendere nell’oggetto della concessione, alle operazioni potranno assistere le parti, o i loro difensori e consulenti, e a tal fine, dovranno ricevere dal verificatore un avviso, almeno 5 giorni prima dell’inizio delle operazioni stesse. “La relazione di verificazione – redatta con chiarezza e sinteticità, corredata di rappresentazione grafica e fotografica dei luoghi e delle cose, e con specifici e dettagliati rinvii alla documentazione e ai rilievi grafici e fotografici rilevanti – dovrà essere depositata entro il termine di 60 giorni dalla notifica o comunicazione della presente ordinanza”. C’è poi un altro grave difetto che il bando di maggio non ha sanato, rispetto a quello annullato a febbraio: la clausola che prevedeva una consistente riduzione del canone di concessione, da 4 euro a 0,30 euro ogni mille litri di acqua minerale imbottigliata se ci si impegnava a rispettare i livelli occupazionali operanti presso lo stabilimento di imbottigliamento.

 Il problema già rilevato dai giudici amministrativi nella sentenza di gennaio, era che gli operatori impiegati sono dipendenti della Gran Guizza, affidataria della concessione mineraria Valle Reale. E dunque di fatto non riassumibili da altri concorrenti. Nella nuova ordinanza il Tar sostiene che “quanto alla cosiddetta clausola sociale, il riferimento ai livelli minimi occupazionali, di 55 unità lavorative annue, “come dichiarati dal concessionario uscente”, appare ancora generico al fine di identificare in modo univoco i presupposti per accedere al beneficio della riduzione del canone di imbottigliamento”.

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