Canistro. La vertenza per la concessione delle acque minerali Sponga di Canistro ha subito un’accelerazione.
A comunicarlo è il sindaco del Comune di Canistro, dr. Angelo Di Paolo che rivela le due decisive pronunce che estromettono del tutto la Santa Croce dalla gara aggiudicata alla Norda (oggi Acque Minerali spa). I legali del Comune, gli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia, infatti, hanno inviato una relazione al sindaco circa l’esito negativo dei due appelli presentati al Consiglio di Stato dalla società per mezzo dell’avv. Claudio di Tonno (del foro di Pescara).
Si tratta della sentenza n. 1709/2019 del 15 marzo 2019, con cui la società dell’imprenditore molisano impugnava una pronuncia del Tar dell’Aquila del 2017 che aveva respinto il ricorso contro il Bando per l’affidamento della Concessione di acque minerali S. Antonio Sponga (pubblicato nel dicembre 2016) dichiarandolo inammissibile poiché, in capo alle società Italiana Beverage srl e Santa Croce spa (oggi incorporate nella Santa Croce S.r.l.), non vi era alcun interesse all’impugnativa e, comunque, le prescrizioni del Bando non avevano alcuna portata lesiva nei confronti della stesse e giammai avrebbero potuto essere di ostacolo alla formulazione di una valida offerta, come erroneamente prospettato dai legali delle società. L’appello della Santa Croce, in questo caso, è stato dichiarato improcedibile dalla quinta sezione del Consiglio di Stato mentre il secondo appello esaminato dalla medesima sezione è stato rigettato con la sentenza n. 1704/2019, sempre del 15 marzo scorso.
Col secondo appello la società dell’imprenditore molisano impugnava una sentenza del Tar del 2018 che respingeva il ricorso dell’allora Italiana Beverage (oggi Santa Croce S.r.l.) contro la determina regionale del 22 marzo 2017 relativa all’approvazione dei lavori della Commissione e alla aggiudicazione provvisoria della concessione a favore della Norda.
Contestando l’attribuzione del punteggio complessivo finale di punti 58,25 e chiedendo il riconoscimento di altri 6,75/15 punti complessivamente a disposizione per le altre due voci del Bando di valutazione dell’offerta (relative alla “capacità tecnica, finanziaria e professionale” ed il “programma generale di coltivazione”) la società mirava a superare la soglia di ingresso in graduatoria – 65,00 punti – onde rientrare in gioco per l’aggiudicazione provvisoria.
Ciò sperava Colella soprattutto dopo che la Norda è decaduta dall’aggiudicazione provvisoria per le note vicende legate alla delibera della Commissione Regionale CCR-VIA, che ha imposto alla società di Pessina di effettuare il VIA in aggiunta alla Valutazione Ambientale (VA), pur espletata dalla Norda.
L’odierna bocciatura dell’appello presentato dai legali del gruppo Santa Croce da parte del Consiglio di Stato estromette, invece, definitivamente quest’ultimo e rimette in gioco proprio la Norda, che nell’ultima gara ha ottenuto un punteggio complessivo pari a 80,35 punti, ed ora è in attesa del giudizio del Tar dell’Aquila al quale ha chiesto di annullare la predetta deliberazione del CCR-VIA. E’ del tutto evidente che in caso di accoglimento, la Norda spa tornerebbe ad essere di nuovo aggiudicataria provvisoria.
Particolare interesse destano due passaggi della sentenza del Consigli di Stato, uno relativo all’attribuzione del punteggio di 54 punti al progetto industriale di Colella, e uno alla controversa clausola di salvaguardia sociale, un punto cruciale del Bando del 2016, fortemente voluto dal Comune di Canistro per incentivare la riassunzione da parte del nuovo concessionario dei dipendenti licenziati dalla predetta società.
Con riferimento al primo punto il Consiglio ricorda l’effettivo depotenziamento della capacità tecnica della società ex concessionaria affermando che le “pregresse vicende (mancati pagamenti canoni e salari, contenziosi, sequestri, crisi sociali, ecc.) determinate dai pregressi comportamenti dalla partecipante alla gara Italiana Beverage s.r.l. (società controllante dell’altra ricorrente in primo grado la Santa Croce S.p.A. poi confluita nell’avente causa appellante Santa Croce s.r.l.) sul piano logico e della ragionevolezza dei giudizi, non potevano non avere riflessi relativamente alla reale capacità tecnica, finanziaria e gestionale dell’offerente”, talché – concludono i Giudici – “Non vi sono elementi per ritenere che sussistano profili di grave sviamento, falsità ed errore sui presupposti relativamente alla classificazione dell’offerta in esame”.
Parimenti da rigettare per il Consiglio di Stato è la richiesta di annullamento della c.d. clausola sociale del Bando, in base alla quale, la promessa della sottoscrizione dell’accordo per il riassorbimento del personale occupato dalla concessionaria uscente, con la previsione di un massimo punteggio di “punti 15” e l’attribuzione di un coefficiente di valutazione pari ad “1”, sarebbe stata – secondo i legali di Colella – sproporzionata ed irragionevole considerando, fra l’altro, che “l’attività oggetto della concessione non è caratterizzata da un’alta intensità di manodopera” e che il combinato sistema premiale di un punteggio per l’impresa che sottoscrive i patti occupazionali e lo sconto sul prezzo dell’acqua impediscono una seria offerta tecnica e una conseguente selezione.
L’assunto è stato giudicato “complessivamente infondato” dal Consiglio di Stato in quanto la concessione in gioco non essendo un appalto – come erroneamente inquadrato dall’ appellante – non imponeva di specificare nel Bando l’incidenza del costo della manodopera rispetto all’importo totale dell’affidamento, tanto più che – spiegano i Giudici – nella particolare situazione in esame la censura mossa dall’impresa ex concessionaria “appare del tutto singolare dato che la partecipante alla gara era la precedente assegnataria della fonte e quindi si trattava di elementi certamente in suo possesso”.
I Giudici, inoltre, precisano che la scelta di sottoscrivere il patto occupazionale “dipendeva esclusivamente dalla valutazione della convenienza o meno dell’affare”. L’accordo concerneva nella specie il “reimpiego prioritario degli stessi lavoratori della precedente Società affidataria della Concessione, secondo le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste dal ‘piano industriale’ relativo all’attività di sfruttamento della risorsa mineraria”, talché, per il Consiglio di Stato, è del tutto evidente che “ la clausola conferiva a ciascun – ed a tutti i concorrenti – la possibilità di valutare il proprio punto di convenienza (e la relativa percentuale di ulteriore punteggio conseguibile) in proporzione alle proprie esigenze”. Per questo – concludono i Giudici – “deve negarsi che la cosiddetta clausola sociale fosse ex sé irragionevole, distorsiva e lesiva della concorrenza; come esattamente ricordato dal TAR la natura non obbligatoria della clausola comportava per tutti i partecipanti – nessuno escluso – i medesimi benefici sia in sede di gara che in sede di rapporto concessorio. ”.
In definitiva, per il Collegio giudicante la clausola in esame non era da far ritenere realmente impossibile o assolutamente aleatoria la partecipazione alla procedura dei soggetti imprenditoriali (che si presumono professionalmente esperti del settore).
Il Comune di Canistro è particolarmente soddisfatto delle motivazioni espresse nella sentenza del Consiglio di Stato in quanto – dichiara il Sindaco – “la valutazione di legittimità della clausola sociale attestano che l’amministrazione comunale si è posta dalla parte giusta e premiamo gli sforzi da sempre compiuti a tutela dei lavoratori, mentre la bocciatura dei ricorsi sancita dal Tar e dal Consiglio di Stato dimostrano ancora una volta che la strada per ridare speranza ai lavoratori e rilanciare l’economia di un’intera comunità non è quella delle battaglie giudiziarie, sterilmente e strumentalmente imposte da Colella, ma quella del dialogo e della cooperazione