Canistro. Il Tribunale di Isernia ha rigettato l’ingente richiesta risarcitoria, ben 65mila euro, avanzata dall’imprenditore Camillo Colella nei confronti di Ugo Buffone, ex assessore al Comune di Canistro, “reo” di aver pubblicato nel 2018 un post su Facebook nel quale criticava aspramente la gestione imprenditoriale della Santa Croce, che aveva coinvolto anche i lavoratori dello stabilimento di Canistro. Buffone si è opposto alla richiesta tramite gli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia.
La vicenda risale al 2015, nella fase iniziale della querelle giudiziaria tra la Santa Croce, all’epoca amministrata da Camillo Colella, regione Abruzzo e Comune di Canistro. Il contenzioso ha avuto al centro le concessioni per lo sfruttamento delle acque minerali della sorgente Sant’Antonio Sponga e Fiuggino, ma ha coinvolto a suon di querele, denunce e cause risarcitorie anche i protagonisti del braccio di ferro, e tra costoro anche Ugo Buffone, in questo caso nei panni del convenuto citato in Giudizio da Colella (attore).
Il Giudice del Tribunale di Isernia, Elvira Puleio, così ricostruiva i termini della vicenda:
“L’attore in particolare censurava nel lungo post pubblicato dal sig. Buffone i seguenti passaggi:
1) Che l’obiettivo dell’attore era la resa economica dei lavoratori, con pagamenti dimezzati”;
2) Di voler passare da “carnefice a vittima” agli occhi dell’opinione pubblica;
3) Di attuare azioni contro il paese e contro lo sviluppo economico e sociale;
4) Questa persona non capisce il significato di dignità di rispetto, di lavoro giusto per tutti;
5) Ripetiamo vada via, lasci il nostro paese, ci permetta con la nostra acqua il giusto progresso.
Secondo il legale di Colella, Salvatore Galeazzo del foro di Isernia, “le citate dichiarazioni sono fondate su una serie di riferimenti a giudizi pendenti dinanzi l’autorità giudiziaria, ovvero già definiti, che vengono rappresentati, criticati, commentati con spirito evidentemente tendenzioso ed intriso di mistificazioni della realtà dei fatti, il tutto, si badi, ad esclusivo svantaggio della reputazione personale del sig. Camillo Colella”, talché Buffone non solo avrebbe leso la reputazione dell’attore ma avrebbe messo in campo “modi e tecniche di persuasione politica e sociale inappropriate oltre che contrarie alla legge”.
Di tutt’altro avviso il Tribunale di Isernia, che, recependo in pieno la difesa degli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia, ha invece evidenziato come “le frasi scritte dal convenuto nel post incriminato nascono come una critica al modus operandi imprenditoriale del Colella, che aveva acceso un forte dibattito nell’opinione pubblica dei territori interessati agli stabilimenti industriali, Castelpizzuto e Canistro; critica dai toni di certo accesi e provocatori che, però, s’innestano all’interno di una vicenda (squisitamente politica e sociale, non personale) che rende necessario opportuni approfondimenti sul bilanciamento che il giudice è tenuto a compiere tra l’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero e quello di critica”.
In buona sostanza Buffone ha esercitato nei limiti consentiti il suo diritto di critica, in una vicenda divenuta di pubblico dominio, in quanto “la critica mossa al Colella non trascende mai in un attacco aggressivo alla sfera morale dello stesso, bene giuridico protetto dall’ordinamento”. Ed ancora – si legge nella sentenza – “il tono dei commenti del Buffone, per quanto duro e fortemente critico, non appare offensivo e lesivo della dignità umana e dei valori appartenenti alla sfera morale della persona del Colella, ma si arresta sempre ad una valutazione sulle sole scelte imprenditoriali di quest’ultimo,… Le parole utilizzate dal Buffone, sebbene pungenti, non si sono insomma tradotte in una gratuita ed immotivata aggressione alla sfera personale dell’attore, ma sono da ritenere contenute nell’ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto, espressioni di valutazioni puramente soggettive dell’agente…”.
Piena soddisfazione esprimono gli avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia, difensori anche dell’ex dirigente regionale Iris Flacco, chiamata in giudizio dalla società Santa Croce per altre dichiarazioni, ma sempre al fine di ottenere un risarcimento del danno. Entrambi hanno sempre agito, invece, nei rispettivi ruoli, osservando correttezza professionale e deontologica, all’interno di una vicenda esasperata proprio dall’eccessivo ricorso allo strumento giudiziale.
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