Canistro. “La Regione Abruzzo continua ad adottare comportamenti illegittimi e abusivi, introducendosi senza titolo in una proprietà privata, come è lo stabilimento di Canistro, e disponendo la confisca dei beni, in particolare circa 8 milioni di bottiglie, nonostante ci siano ricorsi di opposizione ancora pendenti”. È quanto denunciano i legali della società Santa Croce del patron Camillo Colella, pronti a chiedere congrui risarcimenti, in un esposto inviato il 14 giugno al Comando provinciale dei Carabinieri dell’Aquila, al Comando della stazione dei Carabinieri di Tagliacozzo, alle Procure della Repubblica dei Tribunali di Avezzano e L’Aquila e al Prefetto dell’Aquila. La nuova controversia con la Regione si riferisce alle modalità con cui è stato eseguito, il 9 e 10 novembre 2016, il sequestro amministrativo di circa 8 milioni di bottiglie, ora custodite nello stesso stabilimento dove, fino allo scorso anno, veniva imbottigliata l’acqua della sorgente Sant’Antonio Sponga. Al sequestro ha fatto seguito l’ordinanza di confisca dell’8 maggio 2017, da parte della Regione, e la contestata visita ispettiva del 1° giugno scorso.
Con due note, la dirigente del servizio Risorse del territorio e attività estrattive della Regione, Iris Flacco, ha fissato al 15 giugno, e poi al 19 giugno prossimo, l’incontro finalizzato a concordare tempi, modalità e condizioni per la rimozione dei beni confiscati, presenti all’interno dello stabilimento, di cui è custode giudiziario lo stesso Colella. Per l’imprenditore molisano, è “un’azione illegittima perché la società ha fatto opposizione sia al sequestro e, il 7 giugno scorso presso il tribunale di Avezzano, contro l’ordinanza di confisca”. “I ricorsi bloccano la confisca fino alla loro definizione. È l’ennesimo caso di abuso e violenza – commenta il titolare della Santa Croce – nonché la conferma della condotta persecutoria e, più in generale, del disegno criminoso e illegittimo da parte della Regione Abruzzo nei nostri confronti, che tanti danni ci sta procurando. Siamo stanchi di subire abusi, ma non abbassiamo la guardia nel denunciare ogni atto in tutte le sedi”. Secondo i legali Claudio Di Tonno (foro di Pescara), Giulio Mastroianni (Roma) e Roberto Fasciani (Avezzano), “l’amministrazione regionale allo stato non può assumere alcun atto dispositivo dei beni oggetto di confisca, posto che il provvedimento non risulta essere dotato di esecutorietà”. I legali si appellano all’articolo 18 della legge 689 del 1981, che stabilisce infatti che “l’ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione o nel caso in cui l’opposizione è proposta, con il passato in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l’opposizione”.
La Sorgente Santa Croce “diffida, pertanto, la Regione Abruzzo di assumere iniziative dirette a sottrarre alla Sorgente Santa Croce i beni oggetto di confisca, visto che l’ordinanza è con ogni evidenza sospesa ex lege”. I legali della Sorgente Santa Croce contestano, poi, nell’ambito delle modalità adottate dalla Regione in occasione del sequestro amministrativo del 9 e 10 novembre 2016, e nell’ispezione del 1° giugno 2017, un vero e proprio blitz con le forze dell’ordine, nel corso del quale sono state forzati gli ingressi. Nella prima occasione, si evidenzia che “Giovanni Cantone, responsabile dell’ufficio Attività estrattive liquide, e i dipendenti regionali Dante Melchiorre, Giuseppe Ciuca e Nicolangelo Zizzi, si sono introdotti nello stabilimento mediate l’effrazione del sistema di chiusura, tranciando, cioè, per l’esattezza il lucchetto di chiusura del cancello pedonale e quello posto sulla porta carraia all’interno del locale”. I legali chiedono, pertanto, “copia dei provvedimenti regionali in forza dei quali i dipendenti della Regione hanno avuto attribuita la funzione di ufficiale di polizia giudiziaria, e chiedono anche copia dei tesserini di riconoscimento non esibiti durante le operazioni di sequestro amministrativo”.
Stesso copione, a detta della Sorgente Santa Croce, nel sopralluogo ispettivo del 1° giugno, nel quale “si è avuto nuovamente l’ingresso forzoso nello stabilimento mediante il taglio della recinzione e della forzatura di una porta d’ingresso”. In entrambi i casi si evidenzia l’illegittimità dell’operato dei funzionari regionali che si sono introdotti all’interno dello stabilimento, anche in virtù del fatto che “la concessione della Sorgente Sponga era già scaduta, e dunque i funzionari, nell’introdursi in un sito di proprietà privata, non potevano avere poteri di Polizia mineraria”. La Sorgente Santa Croce annuncia, per tutte le ragioni illustrate, “di aver avviato le azioni volte alla punizione delle condotte delittuose, e al risarcimento dei notevoli danni, anche d’immagine, subìti”.