Canistro. La società Santa Croce ha presentato opposizione al sequestro amministrativo preventivo di circa 8 milioni di litri di acqua minerale imbottigliati nello stabilimento di Canistro operato dalla Regione Abruzzo. Gli avvocati ed i tecnici hanno inviato un dettagliato ricorso nel quale formulano le controdeduzioni al sequestro attuato alla presenza delle forze dell’ordine, il 9 e 10 novembre scorso dai funzionari del competente ufficio della Regione, in seguito all’intervento nello spazio produttivo nel corso del blocco dei cancelli nell’ambito dello sciopero dei lavoratori. Ora la Regione ha 10 giorni di tempo per l’esame dell’opposizione e per le decisioni conseguenti al sequestro per presunte violazioni relative alla captazione dell’acqua senza concessione. L’azienda ha chiesto il dissequestro.
Tra i punti salienti del provvedimento di opposizione della santa croce, marchio di acqua minerale distribuita a livello nazionale, viene contestata “la illegittimità ed illiceità dell’atto e del procedimento seguito, per violazione delle norme poste a tutela della proprietà privata e del domicilio a livello Costituzionale – spiega uno dei legali della società Giulio Mastroianni -. ” I funzionari regionali forzando le serrature delle porte per entrare nello stabilimento di proprietà della Santa Croce, hanno largamente superato i poteri loro attribuiti dalla legge ed attuato una autentica perquisizione, attività quest’ultima – continua l’avvocato – riservata unicamente agli ufficiali ed agenti di Polizia Giudiziaria come sancisce il codice di procedura penale”. Il legale della Santa Croce spiega che “la norma che sanziona gli illeciti amministrativi, invece, permette accertamenti ed ispezioni (non perquisizioni) unicamente fuori dai luoghi di privata dimora, tra cui per giurisprudenza consolidata rientrano anche gli stabilimenti produttivi”. “Quanto al presupposto del sequestro di aver captato acqua senza concessione – prosegue Mastroianni – l’azienda risponde che era nel pieno diritto di prosecuzione in continuità sino al reperimento di un nuovo concessionario e, quindi, non ci sono stati illeciti.
Comunque, abbiamo sottolineato con forza l’atteggiamento ondivago della Regione sull’autorizzazione a captare acqua: negli ultimi dieci mesi, infatti, la stessa Regione da un lato ha emesso provvedimenti solo formali di divieto di captazione, non chiudendo mai la saracinesca posta all’interno del perimetro concessorio, pur avendone il potere; dall’altro, nei tavoli sindacali tenutisi alla sua presenza per i rinnovi della cassa integrazione, ha consentito ed avallato la prosecuzione dell’attività della società ben conscia che questo avrebbe garantito la tutela dei posti di lavoro. In sostanza per tutelare i lavoratori e prendere tempo per la redazione del nuovo bando, la regione ha a lungo avallato, permesso e consentito la prosecuzione dell’attività, solo formalmente preclusa, inducendo in errore la santa croce che aveva riposto legittimo affidamento sulla correttezza del proprio operato. Alla fine, solo allorquando l’Ente ha finalmente predisposto il nuovo bando di gara, ha cambiato repentinamente rotta ritornando sulle originarie posizioni”. In ultimo, il legale sottolinea che “l’ente non avrebbe comunque potuto sequestrare alcunché all’interno dello stabilimento produttivo, compresi i due milioni di litri costituenti le ‘scorte'”.