Avezzano. «Ospedale di Avezzano al collasso, la situazione non è così rosea come la presenta il manager della Asl Avezzano Sulmona L’Aquila. E’ questa la posizione degli esponenti regionali del Pd e dell’opposizione consigliare al Comune di Avezzano dopo i dati resi noti sulle attività sanitarie previste dal nuovo piano aziendale. Secondo il manager Asl, Giancarlo Silveri, non ci tagli ai servizi, ma solo qualche nuova attività in più. Secondo Giovanni D’Amico, vicepresidente del consigli regionale, la questione chiave però riguarda «la qualità dei protocolli di cura». «Ci sono inefficienze, disservizi e problemi all’ordine del giorno», sottolinea l’esponete del Pd, «e la percezione è che i servizi peggiorino progressivamente e i piani operativi in tutto ciò hanno una responsabilità primaria perché hanno puntato sulla quantità e non sulla qualità. Chiedo che nell’elaborazione dell’atto aziendale», spiega D’Amico, «ci sia un processo di condivisione con i cittadini, gli operatori, i medici e il mondo del volontariato». Per D’Amico, «quello messo a punto in Abruzzo è un modello organizzativo che porta al riconoscimento di un ospedale principale, che è quello dell’Aquila, e di altri ospedali che sono di territorio, come Avezzano e Sulmona. Su questo punto fondamentale le istituzioni locali hanno taciuto mentre tali decisioni venivano prese sotto i loro occhi». «Purtroppo all’ospedale di Avezzano molte cose non vanno», dichiara il consigliere regionale del Pd, Giuseppe Di Pangrazio, che ha più volte eseguito insieme al manager Silveri un sopralluogo tra le mura della struttura sanitaria. «La ristrutturazione del pronto soccorso è in grande ritardo», afferma, «se ne parla da anni ma ancora i pazienti arrivano lì, in un corridoio, senza servizio di triage. Mancano i posti letto e spesso si deve ricorrere a trasferimenti fuori regione. Infine ci sono ancora reparti senza bagni nelle camere, tra cui ostetricia dove, con la chiusura della clinica Santa Maria e del relativo punto nascite, oggi si deve far fronte a oltre 1.100 parti all’anno, con un raddoppio rispetto al passato, senza però un minimo potenziamento strutturale». Secondo Di Pangrazio, nonostante la massiccia opera di razionalizzazione, la spesa sanitaria è aumentata e anche la mobilità passiva. «Nonostante il piano di riordino sanitario, la chiusura di cinque ospedali, il ridimensionamento delle unità complesse, il taglio di personale, si è assistito a un aumento della spesa sanitaria da 2 miliardi 180 milioni del 2008 a 2 miliardi 376 milioni di previsione per il 2012. Allo stesso tempo», aggiunge, «si è passati da una mobilità passiva di -24 milioni (2008), a -54 (2009), a -76 (2010) a -91 prevista nel 2012. Come è possibile, se tutto va bene, che i cittadini preferiscono andare fuori piuttosto che curarsi nei nostri ospedali?». «Per il bene dei cittadini», afferma il consigliere di opposizione del gruppo Rinnovamento e partecipazione, Roberto Verdecchia, «credo sia lecito, alla luce dei disservizi oggettivi quasi sempre sulla “pelle” del malato, non fidarsi delle lusinghe che ci vengono propinate da incaute sirene. Nel dubbio meglio aver fatto ricorso al Tar per tutelare la popolazione che credere ai volponi della politica».