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Gli affreschi di Giotto raccontati da Salvatore Vitiello, teologo e storico dell’arte

Monica Virgilio di Monica Virgilio
21 Dicembre 2017
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Avezzano. L’altra sera, presso la sala ex Montessori, in via Fontana,  si è tenuta la conferenza inerente gli affreschi di Giotto, nella Cappella degli Scrovegni di Padova, tenuta dal Reverendissimo teologo, esperto d’arte sacra,  Salvatore Vitiello. L’incontro è stato organizzato dal maestro Alberto Cicerone, suo ex “alunno”. Un ringraziamento al sindaco di Avezzano, alle luminarie a sfondo cristiano di Cicerone e alla tenda di luce in piazza Risorgimento, che rievoca il Vecchio Testamento quando dice “… e  pose la sua tenda in mezzo a noi” perché le luci passano e se ne vanno, ma la tenda resta. Il teologo ha voluto anticipare la venuta del nostro  Signore e Salvatore, attraverso un percorso interiore, fatto di riscoperta e di illuminazione, alla luce, appunto degli affreschi di Giotto, dove “di” non è di possesso, ma in senso di  “ katà” , dal greco, cioè come Giotto ce lo rappresenta.

La chiesetta degli Scrovegni ha le misure esatte della Cappella Sistina, ma anche quelle del Tempio di Gerusalemme,   ormai distrutto. Una triade che non può lasciare indifferenti, soprattutto in questo forte periodo di avvento. Nella fretta dei giorni, l’uomo contemporaneo non comprende il mistero dell’incarnazione, il passaggio dal trascendente,  all’immanente, dove  il Verbo si fece carne in un destino di  morte…morte e resurrezione. Cristo, il sole che sorge, illumina nelle prime ore del mattino tutta la chiesa che riflette la luce attraverso le ogive della chiesa classica.  Il   sorgere e il tramonto del sole , perdendo la loro valenza simbolica  hanno lasciato spazio ad un ‘umanità  troppo indaffarata per guardare il cielo, indispensabile invece, per non ripiegarsi su se stessa.  Cristo scende in mezzo a noi e si rivela al mondo attraverso l’umiltà e la semplicità. Tutti gli episodi o gli affreschi che anticipano la venuta del Signore  avvengono dentro la storia, in un immanente che Giotto rappresenta con tonalità rosso ruggine, come le lunette dell’Arco dell’Annunciazione, contro l’azzurro,  il trascendente, con cui  l’artista  rappresenta  Cristo e il suo volto, all’interno della cappella.

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Poi “Gioacchino e  Anna” e “ Maria e Giuseppe” in un abbraccio e un bacio casto e la mano di Maria ben in evidenza con le dita separate; due dita, che stanno a significare la natura umana e divina, contro le tre dita che, secondo tutta la storia dell’arte medievale, rappresentano il mistero della Trinità e dell’incarnazione che sta per accadere. Forte il significato dell’angelo prettamente medievale con un  cartiglio rigorosamente bianco, perché il Verbo si fa carne nel grembo della Vergine Maria, come diceva anche s. Agostino: “ Colui che è generato sull’altare è lo stesso che è concepito nella Vergine Maria”. Infine un Dio  in  cerca dell’uomo che Giotto decide di rappresentare attraverso  I balconi laterali e  prospicienti perché rappresentano la scelta che Lui fa per uscire da se stesso ed entrare nella storia. Giotto racconta circa cinquanta anni di storia, la storia del Cristo, attraverso un’umanità che rinnovellata dalla freschezza dello Spirito cambia luminosità e colore; la sua parola è quasi parola dipinta. A metà serata un intramezzo musicale della maestra M. Antonella Nenni e due  delle sue allieve le soprano Emily del Fiacco e Katiuscia d’Andrea,  con “Silent Night” e “Adeste Fideles”. Monica Virgilio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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