Avezzano. Successo personale per il M° Jacopo Sipari di Pescasseroli e i suoi solisti Vincenzo Costanzo, Armando Likaj e Maria Tomassi, con l’ Orchestra Sinfonica Abruzzese e l’ International Opera Choir di Giovanni Mirabile, in Avezzano, l’Aquila e Roma in Ara Coeli, per l’esecuzione delle Messe di Domenico Bartolucci e Giacomo Puccini
E’ iniziato con un monito sul cessate il fuoco su tutti i fronti lanciato, attraverso un verso di Giovanni Pascoli, l’ultimo concerto della IX edizione del Sacrum Festival. “Uomini, pace!” ha pronunciato stentoreo, l’On. Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura, Scienza e Istruzione, raccogliendo il testimone dal Direttore generale dell’evento Luca Ciccimarra. E’ bene andar oltre, nel dire quel verso “Uomini, pace! Nella prona terra/troppo è il mistero; e solo chi procaccia/ d’aver fratelli in suo timor, non erra” (I due fanciulli). Poesia e musica unite nello sfarzo dorato della basilica dell’Ara Coeli, per lanciare quell’urklang romantico di libertà, rappresentato dall’unità delle arti, dove la musica, con Wackenroder, è intesa quale espressione della più alta spiritualità umana, capace di conferire al tutto, un senso mistico-religioso (Effusioni sentimentali d’un monaco ansante dell’arte, 1796).
Due le Messe che per tre giorni, a cominciare dalle chiese di Avezzano e L’Aquila, quindi, nella basilica di Santa Maria in Ara Coeli, sono state eseguite dall’ Orchestra dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese, che ha accolto alcuni giovani allievi del Conservatorio Statale di Musica “A. Casella” dell’Aquila, e i coristi dell’International Opera Choir preparati da Giovanni Mirabile, diretti dal Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, con solisti per le due partiture, Maria Tomassi, Vincenzo Costanzo e Armando Likaj, la Messa in onore di Santa Cecilia del Cardinale Domenico Bartolucci e la Messa di Gloria di Giacomo Puccini, una doppia celebrazione del purissimo segno musicale del Kappelmeister della Sistina dopo il Perosi, e del genio lucchese nell’anno del centenario della scomparsa. Il Maestro Jacopo Sipari di Pescasseroli, dinanzi ad un parterre che ha raccolto buona parte di quella nobiltà romana adusa a frequentare certo tipo di esecuzioni, unitamente a quell’ alto clero cui apparteneva il Cardinale Bartolucci, con la dirigenza della fondazione a lui dedicata, con Franco e Alessandro Biciocchi e Sua Eminenza Reverendissima, il Cardinale Dominique Mamberti, che pongono a disposizione di tutti le partiture del compositore, unitamente ad una delegazione dell’Isa, guidata dal Presidente Bruno Carioti, si è trovato a dover trasmettere un’emozione che nasce dal pensiero, quella del Cardinale e una suggestione che la travalica ampiamente, fatta salva la già matura tecnica compositiva, dilagante nell’istinto, che è quella di Puccini.
Si è dimostrato abile e maturo concertatore, il Maestro Jacopo Sipari nel compattare il gruppo di voci preparate da Giovanni Mirabile, ma anche un accorto indagatore del non semplice complesso estetico del Cardinale, il quale concepisce la musica quale estatico rapporto di contemplazione, che abbiamo riconosciuto in quel quel Mi bemolle sospeso, attorno al quale tutto ruota, dominante del La bemolle maggiore tonalità della messa, sino alla fine, richiesta implorante di una pace della quale siamo noi responsabili ma di cui la musica non assicura il raggiungimento lasciando ad ognuno la scelta e l’impegno a realizzarla in primis interiormente. Maria Tomassi, dopo un Kyrie legato ad una koinè lirico-patetica, dona lucidità e diafana, quasi astrattezza, ai diversi numeri, quasi un’aureola cangiante, piena di screziature timbriche e abbandoni contemplativi, in un effetto complessivo di estrema raffinatezza e vivida poesia. Una messa all’opera, verrebbe da dire, invece, per la partitura pucciniana. Jacopo Sipari, bacchetta devota al compositore toscano, lo sa bene e non si risparmia sia nell’intenzione che nel gesto. Due le splendide voci ad impreziosire l’esecuzione della messa di gloria, il tenore Vincenzo Costanzo, giunto in tempo per l’inizio del concerto, direttamente dal teatro del Maggio musicale fiorentino, applaudito Pinkerton, nell’ultima recita e il baritono Armando Likaj. Già dal Gratias agimus tibi, si sono rivelate le migliori qualità della voce del tenore napoletano, la buona disponibilità alla dinamica, lo splendido registro centro-grave, l’emissione eccellente, con note piene e morbide, sia in basso che in centro alto, la sorpresa del gioco dei piani, Et incarnatus est, con accompagnamento discreto del coro e dell’orchestra, seguita dal Crucifixus, un Adagio funebre.
Et resurrexit è risultato un non facile fugato cantato dignitosamente dal coro, che è riuscito a ricreare quell’atmosfera evocante più il Giudizio finale che la Risurrezione stessa. Le parti finali del Credo presentano una breve transizione orchestrale, seguita da risposte del coro ai richiami delle trombe, ancora inesperte per un evento del genere, e da un fugato nel quale si percepisce appena l’Amen conclusivo, che ha strappato applausi a scena aperta. Per il Sanctus il direttore ha intrapreso la via della dolcezza, per quindi esplodere in fortissimo sul versetto “pleni sunt”, quindi, nel Benedictus è sceso in campo il baritono Armando Likaj, una voce spontanea e disarmante, dal suono scuro e centrato, per la carezzevole melodia, eseguita con eleganza interpretativa, che rispecchia il suo essere, e con intensa espressività, seguita, da un fortissimo Hosanna dell’intero coro, con la conclusione affidata all’orchestra, in un riuscito pianissimo, un chiaro invito del Maestro Sipari a ricercare il silenzio tra le note. Duetto finale per l’Agnus Dei, e per un orecchio senza preconcetti, le terzine accarezzanti delle parole “Dona nobis pacem”, riverberate in orchestra possono sembrare un congedo destinato a chiudere definitivamente la porta alle tradizioni di famiglia, per aprire una finestra sul mondo e sull’eternità della sua musica. Applausi da parte di un uditorio attento ed entusiasta e appuntamento al decennale del Sacrum Festival, che diverrà centro musicale degli eventi Giubilari.