Avezzano. È stata assolta con formula piena, perché il fatto non costituisce reato, la 44enne marsicana accusata di aver rivelato informazioni interne al regime differenziato del 41-bis del carcere dell’Aquila. La decisione è arrivata dalla Corte d’Appello dell’Aquila, che ha ribaltato la sentenza di condanna emessa in primo grado dal Tribunale del capoluogo abruzzese.
L’operatrice socio-sanitaria, in servizio all’interno della casa circondariale, era finita sotto processo per aver pubblicato, nell’ottobre 2021, una “storia” sul proprio profilo Facebook in cui appariva la foto di una ricetta medica appartenente a un detenuto sottoposto al 41-bis. L’uomo, legato a una cosca mafiosa palermitana, era stato successivamente trasferito in un’altra struttura penitenziaria in seguito alla declassificazione della sua posizione detentiva.
L’esposto era partito da un collega di lavoro, che aveva ritenuto il contenuto della pubblicazione «compromettente». Secondo l’accusa, attraverso il codice fiscale riportato sul documento era possibile risalire all’identità del detenuto, esponendo così a rischi sia l’istituto penitenziario sia lo stesso “ospite”, considerato in quel momento persona offesa.
La condanna in primo grado
Il tribunale dell’Aquila, nella persona del gup Marco Billi, il 9 gennaio 2024 aveva condannato la donna a 4 mesi di reclusione, con la concessione dei doppi benefici di legge. La difesa, affidata all’avvocato Roberto Verdecchia del foro di Avezzano, ha però impugnato la sentenza, sostenendo che non vi fosse alcun reato.
La linea difensiva
In appello, l’avvocato Verdecchia ha prodotto una serie di prove documentali dimostrando come le informazioni contenute nella ricetta medica non fossero affatto segrete. Diverse testate giornalistiche siciliane – tra cui PalermoToday e LiveSicilia – avevano infatti già pubblicato i nomi e le destinazioni carcerarie di numerosi uomini d’onore appartenenti a clan mafiosi, compreso lo stesso detenuto coinvolto nella vicenda.
Questi elementi hanno rafforzato la tesi difensiva secondo cui la pubblicazione sui social non avrebbe avuto alcuna efficacia rivelatrice, trattandosi di dati già resi pubblici da fonti giornalistiche.
La sentenza di assoluzione
Il procuratore generale della Corte d’Appello dell’Aquila, Alessandro Mancini, nella sua requisitoria aveva concluso sostenendo l’assenza di qualsiasi reato. Il giudice Armando De Aloisio, condividendo tale posizione, ha quindi assolto la 44enne marsicana, riconoscendo la validità della linea difensiva e sottolineando che la pubblicazione della “storia” non potesse configurarsi come un illecito.
La vicenda, che aveva destato clamore anche per il particolare regime penitenziario coinvolto, si è dunque chiusa con un esito favorevole per l’operatrice socio-sanitaria, che ha sempre ribadito la propria buona fede.