Luco dei Marsi. Nei giorni scorsi, durante le festività di Pasqua, un contadino ha rovesciato con il suo aratro un’enorme zolla di terra di uno strano colore azzurro. A prima vista l’anziano l’aveva scambiato per un pallone da calcio ma poi, pulendolo per bene, si è accorto che si trattava di qualcosa di molto diverso. I Carabinieri di Luco, dopo essere prontamente intervenuti sul posto, hanno immediatamente passato la competenza del caso al servizio veterinario della ASL di Avezzano. I veterinari, hanno confermato che si tratta di un occhio, ma viste le dimensioni, non sono stati in grado di capire a quale animale appartenesse. Lo strano caso è quindi passato nel giro di poche ore nelle mani di un gruppo di paleontologi arrivati direttamente da Bologna. Secondo gli studiosi l’occhio appartiene senza alcun dubbio a una specie ormai estinta di plesiosauro e si è conservato in maniera così perfetta solo grazie al terreno argilloso che lo aveva ricoperto per anni.
Subito è partita la caccia alle ipotesi più fantasiose: più di qualche anziano è pronto a giurare che si tratti dell’occhio del mostro del lago Fucino, un enorme rettile che, secondo la leggenda, solcava le acque del terzo lago d’Italia. La leggenda, che anticipa di più di duemila anni quella del più famoso mostro di Lochness, nasce da Plinio che racconta che tra diversi pesci ce n’era uno che possedeva otto pinne. Diversi scritti storici inoltre, anche recenti, testimoniano l’esistenza di enormi bisce acquatiche che attaccavano aggressivamente le barche dei pescatori. Ma a consacrare definitivamente la leggenda del mostro fu un’interpretazione del poema drammatico “Alessandra di Licofrone”, risalente al terzo secolo avanti Cristo. All’interno c’è un passo in cui si fa riferimento a un ipotetico fiume sotterraneo che attraversava il lago del Fucino senza mischiarsi con le sue acque. Questo canale nel poema viene indicato in greco con il nome di ‘Python’, ossia pitone. Dalla traduzione alla creazione di un mostro il passo fu breve, soprattutto visto che proprio nella località Petogna, il lago del Fucino possedeva il suo unico inghiottitoio naturale e a pochi metri di distanza vi erano delle gigantesche e scure rocce ancora oggi perfettamente visibili. Queste, che non fuoriuscivano dal pelo dell’acqua, attraverso le rifrazioni della luce sulle acque del lago, creavano l’illusione che in quel punto qualcosa di grosso e spaventoso abitasse il fondale del lago. Inoltre, quando il livello del lago si abbassava, anche leggermente, le barche venivano irreparabilmente danneggiate dall’urto con esse e trascinate a fondo dai potenti mulinelli che frequentemente si creavano in quel punto di scarico del lago. Tutto ciò, almeno fino ad oggi, negli anni aveva consacrato la leggenda del terribile mostro del Fucino, ma oggi questo ritrovamento cambia di nuovo le carte in tavola.
Non ci resta che aspettare le analisi di laboratorio che nei prossimi giorni verranno rese pubbliche dai paleontologi di Bologna ma nel frattempo sono arrivate anche le dichiarazioni di Gianni Di Pangrazio, il sindaco di Avezzano: Mi auguro che nella Marsica giungano visitatori da ogni parte del mondo come già successo per Lochness. La linea di merchandising è già stabilita, sembra che siano infatti già pronte le maglie con lo slogan “il mostro del Fucino è di Paterno”.