Avezzano. Il ritrovamento di un volume rarissimo all’interno della biblioteca della Diocesi di Avezzano. Sembra l’avvincente trama di un romanzo o di un film invece, come ogni volta, la realtà supera di gran lunga la fantasia.
Galileo Galilei, fisico, filosofo, astronomo e matematico italiano, considerato il padre della scienza moderna, nel 1633 fu processato e condannato dal Sant’Uffizio per le sue “innovative” concezioni astronomiche, e infine costretto all’abiura. L’ultimo discepolo diretto di Galilei fu il Viviani, che tra il 1654 e il 1656, ebbe un importante scambio di carte con un certo Carlo Manolessi, insigne libraio e tipografo di Bologna. Da questi scambi nel 1656 nacque la prima edizione di “Le opere di Galileo”, che in due volumi racchiudeva tutti gli scritti editi e inediti di Galilei, tranne che il “Dialogo sui massimi sistemi”, all’Indice della Chiesa da oltre vent’anni e della “Lettera a Cristina di Lorena”. Il Manolessi, per aver conservato nella sua bottega i due libri proibiti, fu condannato a tre tratti di corda e tre anni di carcere. Resta il fatto che nell’opera, seppur orfana dei due libri incriminati, il tipografo riuscì ad inserire con un espediente di abilità e coraggio anche quei dialoghi e quelle illustrazioni delle macchie solari, alla base dell’innovativo principio della cosmologia copernicana che sostiene il moto terrestre e che avevano condannato all’indice i due libri incriminati.
Dove sono finiti quindi questi due importantissimi volumi che l’Armagh Observatory, uno dei più autorevoli antiquari inglesi, ha classificato come “estremamente rari” e inserito nell’elenco dei libri più rari dall’invenzione della stampa fino alla fine del 1800? Fino a pochi anni fa si pensava che ne esistesse un’unica copia, conservata presso la biblioteca nazionale centrale di Firenze, ma adesso si sa per certo che una seconda copia, conservata persino meglio di quella di Firenze, è custodita nella biblioteca della Diocesi di Avezzano. Sembra inoltre che nella copia di Avezzano sia presente un’illustrazione che in quella toscana, invece, è particolarmente sbiadita: un’incredibile disegno del cannone balistico di Galilei, un foglio piegato in quattro pagine che probabilmente è stato disegnato proprio dal Viviani o, tesi tutt’altro che campata in aria, da Galilei stesso. E’ risaputo che la balistica, come scienza, nasce proprio con Galileo, grazie alla pubblicazione nel 1632 dei suoi studi che dimostravano come la traiettoria di un corpo nel vuoto, sottoposto all’attrazione gravitazionale, fosse proprio una parabola. Come se non bastasse, all’interno di questi due volumi ci sono degli strani segni che sembrano aprire ulteriori scenari anche su eventuali codici segreti che all’epoca venivano usati per nascondere informazioni riservate e poter passare così il vaglio del Sant’Uffizio.
Ma come vi è finita quest’opera ad Avezzano? L’ipotesi più plausibile è quella che i due volumi siano capitati tra le mani di Muzio Febonio, uno dei pochi vescovi di cultura a essere vissuto nel periodo della pubblicazione e a cui probabilmente l’Indice della Santa Sede faceva affidamento per le sue indagini prima di dare l’imprimatur. Di certo questa affascinante vicenda meriterebbe di essere approfondita meglio, purtroppo però la Diocesi, anziché facilitare questo percorso di ricerca, preferisce negare l’accesso a reperti tanto preziosi.
Francesco Proia
(Si ringraziano per la segnalazione e la collaborazione
Enrico Partemi e Fabrizio Petroni)