Rocca di Mezzo. Rifugi più o meno improvvisati, ripari sicuramente di pastori, dismessi e abbandonati. Lamiere, eternit e lana di vetro lasciate nell’ambiente, a sporcare il Monte Sirente e il suo paesaggio incantato, in questi giorni ancora più suggestivo e affascinante, perché da su si può contemplare il Fucino e la Marsica in generale, coperta da una fitta coltre di nebbia, dovuta all’alta pressione.
In un paesaggio dove ancora si possono vedere le tracce dei vecchi stazzi delle pecore, dove una volta i pastori per lo più marsicani, riparavano pecore e agnelli, oggi ci sono rifiuti, lasciati incautamente dalle nuove generazioni di allevatori, che di certo poco hanno di quello che arriva da quel passato che ha scritto la storia delle montagne d’Abruzzo.
Il Monte Sirente è la cima più alta del gruppo montuoso dell’Appennino abruzzese, compreso nella catena del Sirente Velino e nell’omonimo Parco regionale Sirente Velino.
È inserito tra i siti di interesse comunitario dell’Abruzzo e ricade nei territori dei Comuni di Celano, Rocca di Mezzo, Ovindoli, Secinaro, Aielli e Gagliano Aterno.
In queste settimane sono tante le persone che per recuperare i soldi di settimane bianche in Abruzzo, già pagate, si sono date al trekking, vista l’assenza di neve. E per via della presenza di sentieristica anche per la mountain bike, sono stati molto frequentati anche i percorsi del Parco Sirente Velino che attraversano il Sirente.
Indecente lo “spettacolo” dell’abbandono dei “rifugi” e dei relativi materiali in natura. A questo punto viene da chiedersi: trattandosi di un Sic a chi spetta il controllo per evitare tali scempi?