Sulla riforma del servizio idrico regionale interviene il consigliere Gino Milano. In un clima concitato la maggioranza regionale ha approvato ieri la legge di riforma del Servizio Idrico Integrato in Abruzzo, forzando i tempi per scongiurare il paventato rischio, strumentalmente agitato, di una soppressione degli Ato a partire dal prossimo aprile. E’ alquanto bizzarro che la stessa maggioranza in Consiglio regionale non si fidi dell’annuncio e delle rassicurazioni provenienti dal Governo nazionale, di medesima fattura. Una prudenza degna di miglior causa, atteso che tutti sanno che il rinvio è certo perché riguarda tutto il territorio italiano. Ma la gestione dell’acqua – si sa – è un settore che fa gola a molti: muove oltre 100 milioni l’anno di fatturato e impiega circa mille addetti, scatenando da tempo gli appetiti dei molti privati intenzionati ad entrare da protagonisti nel business del bene primario. Le opposizioni nella vicenda non hanno svolto fino in fondo il loro ruolo. Si fa strada il dubbio che ciò sia dovuto alla volontà di qualcuno preoccupato soprattutto di salvaguardare ambiti posti nei Consigli di amministrazione. Un film già visto in Consiglio a proposito della gestione dell’acqua, dove le astuzie della maggioranza hanno gioco facile perché si intrecciano e si incastrano con interessi di una parte dell’opposizione. In questo quadro, ad esempio, appare non poco sospetta la cancellazione – voluta da una parte dell’opposizione – del comma 26 che, pur con qualche remora giuridica, prevedeva la decadenza immediata dei componenti del Consiglio di amministrazione, in caso di gravi inadempimenti. Ne vanno di mezzo, ancora una volta, il cittadino e la comunità locale, perché questa legge andava senz’altro migliorata e soprattutto condivisa, per la rilevanza e le ricadute determinanti in ordine alla gestione di un bene così fondamentale per significato pratico e simbolico. La legge varata è macchinosa ed imprecisa, soprattutto nei processi di coinvolgimento delle istituzioni ai vari livelli, comunale, provinciale e regionale, senza chiarezza nel riparto dei poteri decisionali e di controllo. Si è andati nella direzione esattamente opposta ad una proclamata esigenza di semplificazione! E il peso della politica resta ingombrante e pilotato, con eccessive attribuzioni di compiti e di poteri in capo agli attuali detentori della funzione amministrativa, in primis l’assessore ai lavori pubblici e i presidenti delle province. Insomma, una frenesia per approvare una legge che accontenta pochi e non garantisce tutti, una legge che poteva e doveva essere il frutto di un’ampia condivisione purtroppo ridotta a terreno di scontro dei molti interessi particolari, tutt’altro che essenziali rispetto al bene di cui si doveva occupare nella massima trasparenza e spirito di servizio alle comunità.