Editoriale – Indubbiamente anche il nome attribuito a questo minuscolo animaletto generato in laboratorio risulta essere piuttosto idoneo alla diffusione mediatica. “Coronavirus” potrebbe in breve tempo diventare anche un marchio di fabbrica. Il vero nome è Covid 19, poichè la sua venuta al mondo è nell’anno 2019. Solo che gli effetti di questa nuova infezione stanno arrivando adesso.
E mentre eravamo intenti a guardare storto i cinesi poichè accusati di essere loro “i colpevoli” di una sciagura, ora ci guardiamo storto anche tra italiani corrucciando la fronte e pensando a fare incetta di mascherine, di rifornimenti alimentari e di gel lavamani di cui non conosciamo nemmeno la composizione. Ah quelli siccome sono terminati nelle farmacie li andiamo a comprare nei negozi dei cinesi. Mantenendo la debita distanza.
Siamo di fronte ad un assalto ai centralini del 118, ora non sappiamo più se il raffreddore o la tosse stagionale sia il coronavirus e quindi, si entra nella psicosi, nella paura.
Dobbiamo entrare invece nell’idea di essere attenti, di seguire le semplici indicazioni che sono state diramate. Essere previdenti non significa smettere di vivere. Le precauzioni e le misure restrittive servono ad arginare il fenomeno di contagi e vedremo se nei prossimi giorni e mesi ciò avrà successo. Ma di cosa dobbiamo aver paura?
Non ci rendiamo conto che essendo umani, siamo vulnerabili a prescindere? Invece del coronavirus potrebbe prenderci un infarto fulminante e portarci dritti verso lo sconosciuto aldilà… come potremmo essere vittime di un pazzo che va fuori strada ci investe e ci uccide.
Abbiamo idea di quante persone muoiono ogni giorno per il vecchio e pensionato “AIDS”? NO, non lo sappiamo. Abbiamo idea di quante persone muoiono in Italia ogni giorno per incidenti domestici? N0, e di quanti muiono nelle strade per indigenza? NO. E di quanti muoiono per malattie rare insorte improvvisamente? NO.
Però andiamo nel pallone se si verificano 4 decessi a carico di pazienti purtroppo già gravati da tumori ed importanti patologie che li avevano già destinati ad essere terminali ed in età peraltro piuttosto avanzata. Ci spiace, sicuramente. Improvvisamente diventiamo tutti sensibili alla morte, quando se invece entriamo in una camera mortuaria per portare cordoglio a congiunti di un defunto, quelli del morto vicino nemmeno li guardiamo.
Siamo dunque nati e destinati inesorabilmente a finire, per cause che non dipendono dalla nostra volontà. Quei trecento e passa aquilani non pensavano certo di finire la loro esistenza alle 3.32, come quelli della vacanza tra le nevi di Farindola. E allora che dovremmo fare? Fermarci e attendere il nostro turno di morte naturale? NO.
Il coronavirus si combatte con l’intelligenza e con la consapevolezza di poter fare la nostra parte, osservando precauzioni, e sopratutto continuando a vivere normalmente proseguendo nel lavoro e nelle abitudini giornaliere ove possibile. E se il caso volesse costringerci a stare in quarantena? Potrebbe accadere. Ed in questo caso non dovremmo fare altro che stare tutti fermi per qualche giorno.
Non scandalizziamoci se in alcune regioni chiudono le scuole, le università ed altre manifestazioni vengono vietate: sono provvedimenti “necessari” oltre che per prevenire, anche per documentare un possibile stato di emergenza, che verrà richiesto al governo e che poi porrà le regioni interessate nella condizione di ottenere finanziamenti e fondi dalle varie organizzazioni Europee ed internazionali ove ne ricorrano le condizioni.
In ultimo teniamo conto che siamo tutti cittadini di un mondo che è sospeso, e viviamo tutti, italiani, cinesi, giapponesi, bianchi, neri e sfumati… su una terra a forma sferica sospesa in uno spazio e sotto i nostri piedi, a chilometri e chilometri di distanza c’è un nucleo di fuoco che potrebbe esplodere da un momento all’altro e cancellarci tutti insieme, senza dare nemmeno la possibilità alla Barbara D’Urso di esagerarci sopra.