Avezzano. “La mattina del 13 gennaio 1915, esattamente alle 7.53, un terremoto dell’XI grado della scala Mercalli si è liberato su Avezzano e la Marsica oltraggiandone la vita, distruggendone gli abitati, azzerandone la storia. Da allora, non vi è anno che questo ground zero del nostro passato comune non venga ri-storificato con lo scopo di commemorare, di non dimenticare e di celebrare la vita: come è doveroso che sia, come è necessario che sia”.
Lo dichiara Ernesto Di Renzo, antropologo, Università di Roma Tor Vergata, avezzanese e direttore artistico di MarsicaLand, festival diffuso dell’agroalimentare.
“Di questo terremoto”, spiega, “conosciamo ogni dettaglio: computo dei morti, dei feriti, degli orfani, degli sfollati, dei danni, dei ritardi e dei costi di ricostruzione: praticamente non c’è nulla che non sia stato indagato, documentato, consegnato al ricordo. C’è tuttavia qualcosa che ci sfugge e che continua a sottrarsi all’esercizio della memoria collettiva: il senso di monito che il sisma ci ha lasciato, imprimendolo nelle nostre coscienze e rendendoci preda di un trauma storico dal quale stentiamo a uscirne. Un monito che riguarda la nostra responsabilità di umani dinanzi agli eventi catastrofici della natura. Dichiarare che la natura è assassina in seguito al sopraggiungere di un evento luttuoso”, sottolinea Di Renzo, “costituisce un efficace espediente sostitutivo che, conferendo un senso di ineluttabilità all’accaduto, serve a liberare dai sensi di colpa, a placare gli animi, ad annullare le responsabilità impedendo alle coscienze di ribellarsi. Ma la natura non è mai assassina, perché la natura non è né buona né cattiva, né giusta né ingiusta, né responsabile né imputata. E se le sue forze e le sue potenze producono vittime umane non è per sua pura intenzionalità. Se vittime ci sono è perché gli uomini, pur consapevoli del pericolo che si corre costruendo edifici insicuri in zone a elevato indice di sismicità, o anche costruendo presso l’alveo di un fiume e le pendici di vulcano attivo, decidono di infischiarsene e di non tener conto dei rischi: per negligenza, per insipienza o per interesse.
“Contro il verificarsi di simili situazioni”, evidenzia Di Renzo, “due sono le possibilità che si hanno a disposizione per evitare che queste cose continuino ad accadere: agire sul piano della prevenzione e coltivare la pratica del ricordo. Riferitamente a quest’ultima, la commemorazione del terremoto che oggi si sta facendo nella Marsica, e tutte quelle che dopo di noi altri faranno negli anni a venire, non deve risolversi in mere liturgie pubbliche e in manierate cerimonie di facciata, in quanto rischiano di rimanere confinate nel vago formalismo dei riti. Altrimenti è come se il terremoto non fosse mai successo. È come se i morti non fossero mai morti. Mentre i morti vogliono che la loro morte non sia stata vana. Vogliono che la loro morte serva a mettere sul tavolo delle riflessioni urgenze come la prevenzione, la protezione civile, la dotazione di leggi contro la corruzione e le appropriazioni indebite che si scatenano in conseguenza di ogni terremoto. Solo in questo modo la loro memoria potrà diventare per noi superstiti – per citare Ernesto De Martino – un’ombra protettrice capace di condurci verso una cultura concreta della responsabilità, della consapevolezza, della vita. E, per quello che riguarda più da vicino la Marsica, verso la ricostituzione di un senso condiviso del noi comunitario.
Proprio in tema di recupero e salvaguardia della memoria comunitaria, oggi, sabato 13 gennaio, l’associazione culturale 67051 proporrà una reinterpretazione in chiave artistica del capitolo sul terremoto tratto dal fumetto “Muzio, le avventure di un giovane avezzanese”. Si tratta di 13 tele realizzatale da Alessandro Maurizi e Luca Clemente Cipollone vertenti sulle figure di don Orione e di Ignazio Silone e sul ruolo centrale che queste hanno avuto in relazione alla drammatica situazione del post-sisma ad Avezzano. La galleria di opere verrà esposta per l’intera giornata sulla recinzione dell’istituto don Orione prospiciente via Corradini e, oltre a fornire un tributo memoriale al luttuoso evento del 1915, intende rappresentare anche un esperimento per portare l’arte in luoghi atipici della città con il proposito di usare la pittura come volano di riflessione sul passato, sul presente e sul futuro del territorio. Per siffatta ragione l’evento è stato volutamente e coerentemente inquadrato dai suoi protagonisti sotto l’egida di Marsicaland”.