Avezzano. Sono stati condannati rispettivamente a nove anni e sei mesi e a otto anni e sei mesi di carcere, rispettivamente Pasquale Di Silvio e Nazzareno Di Silvio, fratelli rom di Avezzano, arrestati dalla polizia dopo le indagini sul colpo avvenuto a dicembre 2016 quando quattro uomini armati fecero irruzione nella tabaccheria Fasciani di via America, durante la quale fu puntata la pistola alla testa di un bambino.
La sentenza è stata emessa ieri pomeriggio, dopo una lunga camera di consiglio, dal collegio presieduto dal giudice Zaira Secchi. Il pubblico ministero, Andrea Padalino, aveva chiesto condanne di otto e sei anni. Ma la pena emessa dal giudice è stata ancora più dura arrivando quasi a 10 anni per uno dei due fratelli che era recidivo per quel tipo di reato.
I fatti risalgono alla fine del 2016. In quel periodo si verificarono numerose rapine ai danni di attività commerciali e la città era terrorizzata a causa dell’escalation di criminalità. Dopo le indagini, finirono sotto accusa tre avezzanesi e un siciliano. La dinamica sulle rapine di quel periodo è stata ricostruita nella prima udienza dibattimentale alla presenza dei fratelli rom.
Un processo difficile e difficoltoso anche per al raccolta delle testimonianze in aula. Durante il processo, infatti, sono stati sentiti numerosi testimoni ma molti, nel corso delle prime udienze, non si sono presentati. Per un teste della difesa è stato disposto addirittura l’accompagnamento coattivo, ed è stato portato quindi in aula dai carabinieri. Il giudice aveva sanziona uno dei test. Anche il procuratore della Repubblica di Avezzano, pm Padalino, ne aveva sanzionati alcuni assenti in precedenza. Altri testimoni, invece, hanno raccontato quegli istanti drammatici parlando di rapinatori armati di pistole e di uno di loro che puntava la pistola alla tempia di un bambino. La titolare dell’attività commerciale era la mamma del minorenne che si trovava all’interno del locale quel pomeriggio e che si è visto minacciare con l’arma da fuoco. Sono stati sentiti, nel corso del processo, anche dei clienti del Flat rider, un altro locale preso di mira qualche mese prima dell’altra rapina, e cioè a ottobre del 2016. Si tratta di persone che erano nella sala giochi del bar nel momento in cui si è verificata l’irruzione da parte della banda di rapinatori.
Le intercettazioni in carcere nei confronti degli altri due complici della rapina, condannati con pene più lievi e con procedimenti e riti diversi, sono state determinanti. Nel corso del processo, un perito aveva anche analizzato le intercettazioni ambientali in carcere tra Mario Morelli e Santo Felughi, soprannominato il siciliano, entrambi condannati con un rito diverso per lo stesso episodio. Morelli, uno dei due complici dei fratelli Di Silvio, sentito in aula nelle udienze precedenti, avrebbe parlato nelle intercettazioni a Feluchi e dalla conversazione sarebbe emersa la responsabilità dei due fratelli Di Silvio. Chiamato dalla difesa, Morelli aveva invece dichiarato che i Di Silvio non c’entravano. Ciò non è stato sufficiente a invalidare le intercettazioni in carcere.