Tagliacozzo. Avevano preparato tutto. C’era la sala sistemata per le grandi occasioni, le sedie tutte occupate, le forze militari davanti all’ingresso, il cortiletto della chiesa illuminato come nei giorni della festa, e persino il rinfresco con formaggio, salame, vino rosso, dolcetti e pizza pronta per essere infornata. E poi il sindaco in prima fila, gli assessori, un consigliere provinciale, uno regionale e soprattutto tanti comuni cittadini. L’attesa trasudava un’atmosfera di trepidazione. L’unica poltroncina vuota era quella sistemata dietro al tavolo del relatore.
Insomma, mancava solo lui e tutto sarebbe stato perfetto.
Stefano Fassina, viceministro dell’Economia e delle Finanze, ex segretario nazionale degli studenti di Sinistra giovanile, quindi uno che viene dal popolo, era atteso dagli organizzatori del “Centro di servizio evangelico” di Villa San Sebastiano per parlare di occupazione e per presentare il suo libro dal titolo “Il lavoro prima di tutto”.
E Fassina deve aver preso proprio alla lettera il titolo del suo volume visto che non si è presentato all’incontro proprio per un impegno di lavoro in Parlamento, importanti lavori in commissione Bilancio del Senato
sugli stadi e per il Ddl di Stabilità. In sostanza, il lavoro prima di tutto.
Certo, bisogna dare il giusto peso alle cose. E’ giusto: vogliamo mettere la stabilità del Paese con una riunione nella canonica in un paesello di montagna immerso tra i Piani palentini?
Non sia mai. Questioni di Stato.
Eppure quella gente che a quell’appuntamento ci credeva, quelle mamme che si erano affrettate a sparecchiare la tavola per andare all’incontro, quei padri di famiglia che dopo una giornata di lavoro avevano scelto di ascoltare l’onorevole Fassina piuttosto che inforcare le pantofole e mettersi in poltrona davanti alla tv, quei giovani che nonostante la pioggia avevano preferito una serata di politica e temi sociali piuttosto che una birra in un locale, e quella gente che si era data da fare per organizzare e preparare tutto, un po’ ci saranno rimasti male.
Attenzione, nessuno si è lamentato. Quando uno degli organizzatori ha dato l’annuncio che Fassina non sarebbe arrivato, la reazione è stata composta e rispettosa. “Si è scusato e ci ha promesso che verrà a trovarci in un’altra occasione”, sono state le parole lapidarie del portavoce degli organizzatori. Assemblea sciolta. Certo, una promessa è una promessa, e una promessa al popolo conta ancora di più. Ma le questioni di Stato… Ci si è consolati con un panino di formaggio e salame, accompagnato da un bicchiere di vino abruzzese e qualche scambio di opinioni sull’Italia, sul lavoro e… sui politici. In fondo, alla fine, non è andata poi così male.
Poteva andare peggio. (p.g.)